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Giovani senza diploma, record negativo in Sicilia

Maschio, con genitori poco istruiti, residente al Sud o nelle Isole e magari figlio di genitori immigrati, ecco l'identikit del giovane che abbandona gli studi. I ragazzi fra i 18 e i 24 anni, che hanno lasciato la scuola, sono il 26% nell’Isola nel 2010, il dato peggiore d'Italia, la media nazionale è del 18,8%, quella europea del 14,1%

PALERMO. Maschio, con genitori poco istruiti, residente al Sud o nelle Isole e magari figlio di genitori immigrati. L'identikit del giovane che abbandona gli studi viene declinato nel volto di Giuseppe che a 18 anni lascia il terzo anno dell'istituto tecnico industriale per correre dietro a un lavoro di garzone del panificio, «perché devo aiutare la mia famiglia», salvo poi accorgersi che quegli 80 euro in nero a settimana non gli bastano nemmeno a pagare la multa del ciclomotore senza assicurazione che il titolare gli ha prestato.
Oppure ha la fierezza dello sguardo di Mohammed, che ha conquistato la licenza media, facendo a pugni con accenti e coniugazioni impossibili, ma poi ha dovuto cambiare città e amici, per seguire papà e mamma immigrati in cerca di un lavoro che Palermo non riusciva ad offrire. Sono le storie che fanno capolino dai racconti di insegnanti e presidi, guardando i dati sconfortanti raccolti in una recente ricerca che pone la Sicilia tra i primi posti in Europa sia per numero di ragazzi che abbandonano gli studi senza aver conseguito un diploma superiore, sia per numero di "nullafacenti", i cosiddetti Neet (acronimo di Not in education, employment or training), ossia che non studiano, non lavorano e non cercano neppure un'occupazione.
Le percentuali raccolte e analizzate da Mila Spicola, dottoranda palermitana in «Innovazione e valutazione dei sistemi di istruzione» all'Università Roma Tre, in uno studio di prossima pubblicazione, sono drammatiche. I giovani fra i 18 e i 24 anni, che hanno lasciato la scuola senza un diploma, sono il 26% in Sicilia nel 2010, il dato peggiore d'Italia, tenuto conto che la media nazionale è del 18,8%, quella europea del 14,1% (con punte negative sopra il 20% in Portogallo e Spagna e valori d'eccellenza sotto il 5% nell'Europa centrale). Nel 2005 il dato siciliano arrivava al 30,2%, quindi è diminuito, ma non come avrebbe dovuto (in Sardegna è sceso di 10 punti, in Puglia di sei), visto che l'obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona per il 2020  punta  a un massimo del 10%. Ancora più preoccupante il dato dei Neet. L'Italia col quasi il 21% è quartultima su 27 Paesi dell'Ue, ma la Sicilia risulta ultima, con un range fra il 31,1% e il 37% in alcune province, unica isola felice il Ragusano con cifre al di sotto del 19%, «perché lì si registrano i migliori tassi economico-sociali e la maggiore presenza di asili nido in percentuale sulla popolazione» osserva la Spicola. Diventa strategico porre in cima all'agenda politica la prevenzione della dispersione scolastica, sin dalla scuola primaria e dalla materna, senza dimenticare che le cause socio-economiche incidono moltissimo. Emblematico il dato di Save the children, che mostra come nel contesto siciliano, soprattutto palermitano, 44 minori su cento vivono «privi dei livelli essenziali per considerare la vita accettabile».

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