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La tentazione indecente

A Palazzo d’Orleans di soldi ne girano ancora in abbondanza, al punto da poter ipotizzare robusti impinguamenti di capitoli all’apparenza non prioritari. Specie in un momento in cui altrove - dal governo nazionale ai singoli comuni - si contano gli spiccioli e si aumentano le imposte

PALERMO. Dunque le casse della Regione non sono messe poi così male. Dunque a Palazzo d’Orleans di soldi ne girano ancora in abbondanza, al punto da poter ipotizzare robusti impinguamenti di capitoli all’apparenza non prioritari. Specie in un momento in cui altrove - dal governo nazionale ai singoli comuni - si contano gli spiccioli, si aumentano le imposte (cosa che per la verità neanche la Regione si è astenuta dal fare) e si serrano i portoni delle istituzioni contro proteste sindacali e guerriglie di piazza. L’emendamento al bilancio partorito ieri dalla commissione lascia trasecolati. Al punto che ci conforta la decisione del governo di ritirarlo, dopo le proteste delle opposizioni e gli stessi imbarazzi interni alla maggioranza di governo.


La tentazione indecente però non è mancata. Era davvero necessario questo aumento dei fondi per il cerimoniale di palazzo? Per le consulenze? Per gli esperti? Era così indispensabile raddoppiare le spese riservate del presidente? Che messaggio poteva derivare da un’operazione che sarebbe di certo stata difficile da far digerire a chi invece ha in mente altre priorità e altre emergenze? Sappiamo bene che non è mai automatico il travaso di soldi da un capitolo all’altro e che non sempre, nelle maglie della burocrazia finanziaria, vige la semplice logica dei vasi comunicanti.


Sappiamo però altrettanto bene che la logica delle consulenze esterne non è affatto estranea a questo governo, come del resto non lo è stata a quelli che lo hanno preceduto. Da tempo auspichiamo, troppo spesso inascoltati, una maggiore parsimonia nell’elargizione di incarichi al di fuori della non certo esigua pianta organica regionale. È davvero così impossibile trovare risorse professionali fra le migliaia di dipendenti? Così si finisce per rischiare di dar ragione a chi, oggi più che mai, ritiene che il fine sia solo clientelare. E, in tempi di vacche magrissime, sarebbe ancor più grave.

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