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Made in Italy, anche la Ducati in vendita

ROMA. Un altro pezzo pregiato di made in Italy sta per passare in mani straniere. Ieri, con una intervista al Financial Times, Andrea Bonomi, attuale proprietario della Ducati ha annunciato l'intenzione di vendere. «Ducati un'azienda perfetta, ma per un'ulteriore crescita ha bisogno del supporto di un partner industriale di classe mondiale». Le voci parlano di un interessamento della Bmw (che ha smentito) e quelli dell'indiana Mahindra. Tuttavia, a differenza del gruppo tedesco molto forte anche nelle due ruote, il costruttore di Nuova Delhi produce solamente automobili. E la traccia delle quattro ruote porta alla Mercedes che non ha commentato lasciando immaginare che le voci abbiano qualche concretezza.
La sgommata all'estero della “rossa a due ruote” non è certo una bella notizia per l'Italia. Come non lo era per Parmalat, o Bulgari. L'azienda di Borgo Panigale è un pezzo pregiato del distretto di grandi creatori di motori che sta fra Bologna e Modena. Insieme a Ferrari, Maserati, Lamborghini. Gran turismo eccezionali che già parlano in parte tedesco (Lamborghini appartiene ad Audi). Ora le velocissime Ducati.
Per Andrea Bonomi, comunque, un grande affare. Chiede un miliardo. Tre volte di più di quanto pagato sei anni fa. Nel frattempo l'azienda, sotto la sua gestione, ha ottenuto traguardi senza precedenti. La vittoria nel Moto Gp con Casey Stoner e l'ingaggio di Valentino Rossi. Certamente poco fortunato dal punto di vista sportivo. Eccezionale sul piano promozionale. Proprio l'anno scorso la Ducati ha toccato il record di vendite e fatturato sfruttando fino in fondo un'offerta di prodotti molto sofisticata: dalla “Diavel” (17 mila euro) alla 1199 (trentamila). Ha immatricolato quarantaduemila moto con un fatturato di 480 milioni (+20%). In un mese è tutto cambiato. La crisi economica penalizza il mercato delle due ruote. A gennaio la domanda in Italia è caduta del 23%. Per restare competitiva l'azienda dovrebbe crescere all'estero. Negli Stati Uniti, ormai diventato il primo mercato o in Germania che sta al terzo posto dopo l'Italia ma cresce al ritmo del 30%. Ma servono investimenti.

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