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Migliore: così stiamo combattendo la crisi

L’azienda palermitana rilancia con l’inaugurazione della nuova struttura sulla circonvallazione prevista entro sei mesi. E intanto fronteggia il difficile momento economico mondiale. Per trecento impiegati applicati i contratti di solidarietà

PALERMO. L’impresa palermitana sta morendo. Arranca, combatte, e in tempi di crisi, profonda crisi, dentro le aziende si vedono solo facce cupe. Lavoratori in cassa integrazione, mobilità; imprenditori che vedono sfumare i loro sforzi e che ricalcolano il loro futuro per rimanere a galla, aspettando tempi migliori.
Basta parlare con la gente per capire che oggi qualsiasi acquisto, dall'elettrodomestico all’abito, è visto come un azzardo. Il netto calo del potere d’acquisto delle famiglie ha capovolto in negativo i bilanci delle aziende.
Comincia un viaggio nell’imprenditoria stretta nella morsa. Prima puntata da «Migliore». Cento anni di storia. Un’azienda che per lungo tempo ha contribuito a cambiare lo stile dei palermitani con la formula evoluta del classico emporio, ma che adesso deve misurarsi con la crisi e con la concorrenza dei centri commerciali e dei negozi specializzati nel settore dell'elettronica.
Negli ultimi due anni l'azienda ha avuto un calo di fatturato intorno al 30 per cento. Per rimettere i conti a posto ha dovuto ripiegare sulla riorganizzazione interna del lavoro per 300 impiegati, di cui un terzo considerati esuberi strutturali. In questo caso, il dialogo pacifico tra azienda e sindacati ha portato a un accordo per il mantenimento dei livelli occupazionali. Gli esuberi, infatti, si sono trasformati in contratti di solidarietà (con una perdita in media del 10% in busta paga), mentre i contratti a termine di stagionali e apprendisti non sono stati rinnovati. Un buon esempio di reazione collettiva alla crisi. Il negozio si riempie di più nei fine settimana, con la gente attratta dalle offerte e dagli sconti del periodo. Si capisce che non sono più i tempi d’oro ma la crisi, d’altronde, è mondiale.
«Siamo un’azienda credibile e ben organizzata, per questo ce la faremo — dice l’amministratore delegato Beppe Migliore —. Ci stiamo misurando con il mercato e abbiamo creduto giusto, quando ancora si poteva fare, puntare su un investimento immobiliare per la nascita del nuovo punto vendita, che amplia notevolmente l’attuale e aumenta la capacità d’offerta per la clientela. Se avessimo aperto due anni fa, quando la crisi globale non era così acuta, le cose non sarebbero state le stesse. Ora purtroppo, c’è stato un ritardo nel definire la nuova struttura, per varie cause e in parte per il calo dei fatturati — continua il manager —. Ma stiamo impegnando risorse personali e contiamo di finire la nuova struttura entro sei mesi. Dal quel momento in poi comincia la vera sfida. Se il progetto parte bene, recupereremo quello che abbiamo perso».
Entro sei mesi si dovrà pure ridefinire l’accordo in scadenza con i lavoratori. I nuovi centri commerciali hanno assottigliato il bacino d’utenza di tante imprese, compreso Migliore, che paga la sua posizione in un asse commerciale molto appetibile e affollato. C’è la presenza di Leroy Merlin e anche del Forum, ai due estremi della circonvallazione. Nelle vicinanze Papino, Brico, Euronics e Max Living hanno creato più offerta e concorrenza.
«I centri commerciali hanno sicuramente contribuito al calo degli affari — continua Beppe Migliore — ma non credo che siano l’unica causa. C’è da considerare che i nostri clienti, almeno quelli che appartengono alla fascia medio-bassa, sono stati coloro che hanno più risentito della crisi. E lo dimostra il fatto che anche gli acquisti attraverso le finanziarie hanno subito una battuta d’arresto. Pensandoci bene, non temiamo la concorrenza, perché ciò che offriamo è una nuova formula di shopping».
Ma oggi fare impresa sembra più difficile. «È stato sempre difficile — osserva l’ad di Migliore — ma le cose potrebbero cambiare se l’impresa avesse più attenzione. Quello che stanca sono i tempi della burocrazia, lunghi anche nel dare i pareri contrari». Due punti vendita in città e uno a Trapani, dove le cose sembrano andare meglio per via dello sviluppo economico recente, che è cominciato con la coppa America di vela ed è proseguito con il «decollo» dell’hub aeroportuale di Birgi. «Il territorio è importante. La città dovrebbe puntare ad inglobare nel proprio tessuto le medie strutture di vendita, anche attraverso i centri commerciali naturali».

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