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Mafia, colpo ai clan gelesi

Arrestate nella notte quattro persone, tra questi Massimo Gerbino, ritenuto nuovo reggente di Cosa nostra locale. Fatta luce su un caso di lupara bianca di 14 anni fa

GELA. La polizia nella notte ha arrestato a Gela quattro persone, nell'ambito di un'operazione antimafia denominata 'Monitus', che ha fatto luce su un caso di lupara bianca, risalente a 14 anni fa, su alcuni danneggiamenti e su un caso di estorsione avvenuti nel '99, ridisegnando la scala gerarchica del clan Rinzivillo.  Su ordine del gip, Marcello Testaquadra, gli uomini della Mobile di Caltanissetta, e del commissariato di Gela (Caltanissetta), hanno arrestato il presunto nuovo reggente di Cosa nostra gelese, Massimo Gerbino, 33 anni, e altri tre esponenti del clan dell'organizzazione mafiosa della 'Stidda', già detenuti: Salvatore Nicastro, 58 anni (detto 'Turi u' lignù); Gaetano Azzolina, 42; Giuseppe Maniscalco, 33 anni (soprannominato 'Peppe u' fungiutù), tutti pluripregiudicati.     
Gerbino, nuovo boss originario di Vittoria (Ragusa), è accusato di associazione mafiosa e di estorsione aggravata ai danni di un imprenditore; i tre 'stiddari' dovranno invece rispondere di omicidio volontario. Sono accusati di avere ucciso, nel 1998, occultandone il cadavere (forse bruciato con la calce viva), Daniele Martines, un 26enne affiliato al clan, ex 'picciotto' di Cosa nostra, punito perché non rispettava le regole del clan e 'faceva la cresta' nella vendita della droga, intascando per conto proprio parte degli incassi. I suoi assassini, all'epoca sorvegliati speciali con obbligo di firma, si presentarono regolarmente dai carabinieri e poi lo portarono in campagna per uccisero.   
Tempo prima, Martines, per uno 'sgarro', era stato condannato a morte anche da Cosa Nostra, perché con altri due giovani aveva rubato la Fiat Uno della moglie del boss, Emanuele Argenti, di Guido. Ma era riuscito a salvarsi, rifugiandosi nella 'Stidda', l'altra organizzazione con la quale nessuno dei Rinzivillo e degli Argenti voleva rompere la tregua siglata faticosamente nel '93. La punizione raggiunse, invece, i suoi complici, Massimiliano e Francesco Trubia: entrambi furono assassinati.

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