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Passa la manovra alla Camera Monti perde voti, ma festeggia

Il governo perde 61 consensi rispetto alla prima fiducia, ma scendono ancora al momento del via libera al decreto "Salva Italia". Il premier: "Sono soddisfatto e non disperato"

ROMA. La manovra fa perdere al governo Monti ben 61 voti rispetto alla prima fiducia programmatica del 18 novembre. L'esecutivo dei 'professori' ottiene la fiducia di 'solo' 495 deputati  contro i 556 del mese scorso (record assoluto di consenso nella storia della Repubblica). Voti che,  poche ore dopo, scendono a 402  al momento del via libera al decreto 'Salva-Italia'. Ma Monti si dice "soddisfatto", e precisa di non sentirsi affatto "disperato".
Sulla manovra, oltre a quelli della Lega, a 'SuperMario' sono mancati i voti dell'Italia dei Valori (tranne quello di Renato Cambursano, dato in uscita dal partito di Di Pietro) e quelli delle minoranze linguistiche: i rappresentanti dell'Union Valdotaine normalmente votano con il governo, ma stavolta hanno deciso di esprimersi contro la fiducia in segno di protesta per i tagli fatti in maniera unilaterale dall'Esecutivo, e non secondo il principio dell'intesa, a Valle d'Aosta e alla provincia autonoma di Bolzano.
Ma hanno pesato tanto le assenze, il cui numero è stato particolarmente rilevante al momento del voto notturno finale. Nell'ultima votazione della giornata, mancavano all'appello 130 deputati: 124 assenti e 6 in missione. Settanta dalle file del Pdl, malgrado l'sms con cui il segretario Angelino Alfano aveva raccomandato "la massima presenza per ragioni politiche ed estetiche". Non c'erano, poi, 6 deputati del Pd, 10 di Fli, 8 della Lega. Gli astenuti, sempre al voto finale, sono stati 22 di cui 12 del Pdl (da segnalare, fra gli altri, Antonio Martino che a Monti "piuttosto che manovre" ha chiesto "riforme") e 9 di Popolo e Territorio.
Al momento della fiducia, nel pomeriggio, gli assenti erano stati 23 nel Pdl, 3 di Fli e 2 del Pd, più 5 del Misto e due di Popolo e Territorio. Quattro gli astenuti, tutti del Pdl. Vuoti i banchi degli ex ministri Giulio Tremonti e Paolo Romani. Insomma, la "medicina amara" delle misure per il contrasto alla crisi ha determinato una certa erosione del consenso parlamentare del governo Monti rispetto all'exploit di novembre.
Una spia si è vista quando l'Aula ha mandato "sotto" praticamente all'unanimità il governo su un ordine del giorno della Lega volto ad esimere dal pagamento dell'Ici le case dove vivono handicappati. Su questo incidente ha forse pesato anche l'interlocuzione non certo forte del ministro Piero Giarda, in più riprese richiamato dal presidente Gianfranco Fini a una maggiore prontezza nell'espressione dei pareri ed a essere "più rispettoso" dei parlamentari.

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