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Caccia al voto in Sicilia, pagano i contribuenti

È cominciato il reclutamento del consenso in vista delle elezioni regionali del 2013 (o anche prima se dovesse accadere qualcosa). Ovviamente a pagare la caccia al voto saremo tutti noi contribuenti. Come leggere altrimenti le quaranta assunzioni che si prepara a fare la società Parco tecnologico? Fra l’altro una società che doveva chiudere i battenti perché la sua missione si era conclusa. Per tenerla aperta e avviare il reclutamento di nuovi specialisti è stato necessario addirittura cambiare lo statuto. Inutile dire che si tratta di un comportamento semplicemente scandaloso. Tutta l’Italia (e non solo) è chiamata in questo momento a fare grandi sacrifici. E tutte le caste debbono farne, compresa quella della Regione (che ieri si è adeguata alle nuove regole stabilite dal Senato e dalla Camera sulle pensioni dei parlamentari). Il conto da saldare per le nuove assunzioni sarà recapitato a tutti noi. A chi toccherà, infatti, il compito di essere il pagatore di ultima istanza di questi quaranta stipendi? Ai contribuenti, ovviamente. Che benefici ne trarremo? Risposta facile: nessuno o quasi. Comunque assai meno di quanto bisognerà spendere per tenere in piedi il nuovo baraccone. È chiaro che così non può andare avanti. Aumentare la spesa pubblica significa far lievitare anche le tasse. Vuol dire caricare nuovi pesi sulla collettività. A quale scopo? Immaginiamo anche la risposta: la società Parco tecnologico svolge un ruolo insostituibile per garantire l’informatizzazione degli uffici regionali. Quante volte abbiamo sentito ripetere questa storia? Quante volte abbiamo ascoltato radiosi progetti poi ridotti a niente, visto che il livello di digitalizzazione è molto basso. Nel frattempo le imprese private del settore scappano. La Regione invece espande le sue aree di influenza. A quale scopo? Alimentare le clientele.

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