ROMA. Silvio Berlusconi si è dimesso da premier, in un susseguirsi di eventi incalzante e a tratti drammatico: la colazione a Palazzo Chigi dove Mario Monti ha di fatto respinto ad una ad una le richieste del Cavaliere per dare il suo ok ad un esecutivo tecnico, l'ultimo brindisi da premier con la sua maggioranza dopo il voto alla Camera sulla legge di stabilità, il consiglio dei ministri per annunciare le dimissioni, le contestazioni della piazza, l'ufficio di presidenza con un partito in rivolta che dice un sì (anche se condizionato) a Monti. E infine le dimissioni al Quirinale, nella mani del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E l'uscita dal palazzo del Colle da un ingresso secondario.
La prima tappa è stata quella che, a catena , ha poi condizionato tutte le altre. Nel pranzo con Monti Berlusconi ha cercato di mettere paletti, chiedere garanzie sulla giustizia e su un governo con un preciso programma legato alla lettera alla Bce. Un esecutivo fatto anche da politici, con dentro Gianni Letta, che si impegni a non metter mano alla legge elettorale e a nuove leggi sulle tv. Ma Monti è stato tanto cortese quanto fermo: niente diritto di prelazione sulla scelta del Guardasigilli (Berlusconi aveva indicato Nitto Palma o il magistrato Iannini, moglie di Bruno Vespa), un prendere o lasciare su una squadra tutta tecnica e da decidere senza condizionamenti: ministri e sottosegretari. E un no rotondo anche alla presenza di Letta, il boccone più indigeribile dal Cavaliere che dal sottosegretario si sarebbe sentito garantito.
A mani praticamente vuote il Cavaliere ha affrontato a quel punto Umberto Bossi, in un drammatico scontro durante il quale il premier ha cercato in ogni modo di respingere le accuse del Senatur e di convincerlo, senza successo, a non spaccare l'alleanza e ad appoggiare Monti. Circondato da molti di quelli dai quali si sente 'tradito', un Berlusconi dalla mascella sempre più serrata si è presentato in Aula alla Camera, nel suo ultimo giorno da premier. E ha lasciato a bocca asciutta le molte parlamentari che volevano sostenerlo, abbracciarlo o consolarlo, andandosene di corsa a Palazzo Chigi per un consiglio dei ministri lampo.
Ancora amarezza, per il premier, nel breve tragitto tra la sede del governo e la sua residenza romana, in mezzo alle contestazione della folla. E infine il teso ufficio di presidenza durante il quale Berlusconi si è trovato di fronte ad un partito lacerato, al quale ha promesso in tutti i modi che se per senso di responsabilità si dovrà camminare per forza sulla strada del governo Monti (e non andare al voto come chiede metà Pdl) lo si farà almeno con onore e ponendo condizioni. Prima di salire a dimettersi al Colle, ancora contestato dalla piazza, il Cavaliere ha promesso che si batterà per un governo tecnico ma con un preciso programma ricalcato sugli impegni presi nella lettera all'Europa e alla Bce, con dentro Gianni Letta. Un governo con una scadenza, ha cercato di rendere meno dura la resa ai suoi il Cavaliere, "al quale in ogni momento saremo liberi di staccare la spina".
Berlusconi si è dimesso
Il presidente del Consiglio ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ne ha dato comunicazione il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra. Il governo resta in carica per il disbrigo degli affari urgenti
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