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Università, il nuovo statuto rivoluziona l'Ateneo di Palermo

Si dirà addio alle facoltà che diventeranno aggregazioni di dipartimenti, mentre il cda avrà più poteri. Lagalla: "E' la razionalizzazione prevista dalla legge Gelmini"

PALERMO. Una rifondazione didattica e organizzativa cambierà tutto nell’Università. Il nuovo statuto è stato approvato all’unanimità, la rivoluzione sarà operativa entro il 2014 e la condurrà lo stesso rettore Roberto Lagalla che - in base alle nuove norme - resterà in carica un anno in più, fino al 2014.
Le facoltà diventeranno aggregazioni di Dipartimenti e si chiameranno strutture di raccordo, ingloberanno i 119 corsi di laurea attuali e saranno coordinate da un presidente.
Il numero delle strutture di raccordo è ancora imprecisato, oscillerà da cinque a dodici, «probabilmente arriveremo a un numero intermedio» anticipa Lagalla. Scomposizioni e nuove intersezioni culturali, la didattica divisa in cinque macro-aree: medica, tecnologica con ingegneria ed architettura, giuridico economica, umanistica e scienze naturali biologiche ed agrarie. I presidi in scadenza, usciranno dal Senato ma potranno restare in carica nella fase di transizione come componenti aggiuntivi del Senato senza diritto di voto. Potere nuovo, stava nelle facoltà e nel Senato e ora passa ai nuovi organi decisionali che sono i 32 Dipartimenti e soprattutto il Consiglio di amministrazione: al tavolo del nuovo cda ci saranno il rettore, quattro docenti, due componenti esterni che saranno individuati con bando pubblico, un rappresentante eletto dal personale tecnico amministrativo e uno eletto dagli studenti.
Nel Senato accademico senza presidi il rettore, due professori ordinari, otto direttori di Dipartimento, cinque associati, cinque ricercatori, un rappresentante eletto dagli assegnisti di ricerca, tre eletti dai tecnici amministrativi e cinque dagli studenti uno dei quali in rappresentanza dei dottorandi di ricerca e degli specializzandi.
«Il cda assumerà il governo pieno e responsabile dell’Ateneo - spiega Lagalla - il Senato accademico avrà funzioni di indirizzo politico e di definizione di linee guida, orientamenti e pareri».
Non è un terremoto e nemmeno una rivoluzione, «è la razionalizzazione prevista dalla legge Gelmini». Apre alla genialità didattica, «si miscelano matrici culturali diverse ma affini, si favorisce l’innovazione, mettere insieme agraria e genetica potrebbe per esempio aprire a una laurea in genetica vegetale». Grandi risparmi? No: gli studenti, le aule, i docenti, i servizi da fornire, tutto resta uguale, «ma riformeremo l’entità dei gettoni di presenza dei componenti degli organi decisionali, i revisori dei conti passeranno da sei a tre».
Positive le novità per l’ex preside di Ingegneria Francesco Paolo La Mantia, delegato del rettore per la Pianificazione strategica: «I dipartimenti vengono definitivamente titolati a luogo di formazione, ricerca e crescita profesionale, si alleggeriscono i compiti delle facoltà che si potranno concentrare sulla preparazione dell’offerta formativa».
Bella riforma? «Buona l’intuizione ma c’è l’eccessiva complessità procedurale e soprattutto - conclude il rettore Roberto Lagalla - c’è il fatto che il ministero non mette in questa riforma nuove risorse e negli ultimi tre anni i finanziamenti per noi si sono ridotti di 30 milioni di euro».
Sta partendo una riforma a costo zero. Entro 30 giorni il via libera del ministero e poi di mese in mese i passaggi fino all’applicazione nell’anno accademico 2013-14.

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