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Palermo, la speranza di una sanità senza muri

Ma è così difficile abbattere un muro? Sembrerebbe di sì, anche se il simbolo planetario delle barriere - il muro di Berlino - è stato smantellato fin dal 1989. Da decenni, a Palermo, si parla, si propone o si auspica di eliminare il muro divisorio - non solo materiale, ma ideale e professionale - tra Policlinico Universitario e Ospedale Civico. Strutture sanitarie contigue e coeve.



Benito Mussolini compie a Palermo, dal 5 al 7 maggio 1924, una visita, prima tappa di un lungo viaggio in Sicilia. In questa occasione il duce del fascismo delinea la «Grande Palermo» come molo centrale del Mediterraneo: ahi! quanto invocato sino ad ora con enfasi e poco costrutto, tanto da potersi parlare di Mediterraneo degli «omissis». Vengono, pertanto, promossi da Mussolini grandi progetti urbanistici, con interventi statali di notevole rilievo. In questo contesto furono stanziati cospicui fondi nel settore igienico-sanitario e sanitario-scientifico. Nascevano il complesso dell'Ospedale Civico e i padiglioni del Policlinico Universitario alla Filiciuzza. Le cattedre universitarie avevano, in quel tempo, allocazioni disparate a Palazzo Sclafani, bastioni di Porta Carini, convento della Concezione e monastero delle ree pentite.


Per curiosità storica ricordiamo che allora, nel quartiere Oreto-Stazione esisteva una bettola gestita da una arzilla e simpatica vecchietta di nome Felicia, che gli avventori chiamavano in dialetto siciliano "zia Filiciuzza". L'osteria-trattoria era molto frequentata dal popolo, che indicava la relativa strada con questo affettuoso vezzeggiativo e così, anche, veniva inteso il Policlinico che ivi insisteva. Sino al 1981, quando la struttura sanitaria accademica fu intitolata al medico-legale prof. Paolo Giaccone, ucciso dalla mafia dentro il complesso, sede della medicina universitaria.



Per diversi decenni le due istituzioni convissero altalenando collaborazioni, indifferenza, frizioni. Un esempio di tutti. Per i servizi generali legati all'assistenza dei ricoverati, ed in particolare per i servizi di cucina e lavanderia, la direzione universitaria stipulò una convenzione con l'Ospedale Civico. Un primo colpo all'equilibrio funzionale del Policlinico venne nel 1955, quando, rotta la convenzione con l'Ospedale Civico, ciascuna clinica ed istituto organizzò proprie cucine e servizi di lavanderia utilizzando a tale scopo ambienti siti nei cantinati. La rottura dell'equilibrio funzionale si riferisce non soltanto all'uso di locali inadeguati allo scopo sopra indicato. In sintesi bisogna, purtroppo, constatare che ha prevalso la deleteria consuetudine della «divisività» fondata su egolatria e complesso dei migliori, cioè l'incapacità di riconoscersi reciproca legittimità, difendendo con gli artigli i personali privilegi. Crescita, anche in sanità, significa combattere le rendite di posizione, premiando merito e concorrenza e ripudiando sudditanze, affiliazioni e padrinaggi.



In questo contesto, si rileva che, nella capitale della nostra isola, non si costruisce un nuovo ospedale da circa 50 anni. Si è andato avanti per singoli plessi, superfetazioni, aggiunte, protesi edilizie. La gran parte si dispiegano come meste costruzioni ad alto tasso di disfunzioni. Nel Sud si aggiunge l'oltraggio di ospedali incompiuti e bloccati, per irregolarità strutturali (per esempio impiego di cemento depotenziato a fini di lucro indebito), illegittimità, compartecipazioni criminali che hanno determinato l'intervento della magistratura o degli organi di controllo. Scheletri inutili che offendono non solo il paesaggio ma il sentire dei cittadini. La rete ospedaliera di Palermo necessita di una rivisitazione, con un'operazione che coinvolga tutti i cittadini, malati, medici e personale, tecnici, politici.



Ripensare gli ospedali. L'ospedale deve diventare luogo di sviluppo scientifico, di cultura sanitaria, di ricerca e di aggiornamento professionale non solo per i medici interni ed esterni, ma anche per i professionisti dell'area sanitaria e per tutta la comunità. Necessita di un cambiamento strategico del ruolo e della «filosofia» dell'ospedale, che diviene - come dice l'etimologia stessa - luogo di accoglienza, ove il malato è ospite da trattare con calore e riguardo, padrone di spazi che ricordano la propria casa. Strutture sanitarie a misura d'uomo, per non scivolare dal declino alla decadenza.
Oggi professori e medici, architetti, urbanisti e tecnici prospettano un nuovo modello ospedaliero, la cui cifra - umana, strutturale e stilistica - è fondata su 10 principi informatori strettamente interrelati, secondo l'indirizzo ideato da Renzo Piano: umanizzazione, urbanità, socialità, organizzazione, interattività, appropriatezza, affidabilità, innovazione, ricerca, formazione. Dove si magnifica la presenza di servizi civili e di ristoro, esercizi commerciali, colori, opere d'arte (si realizzerà nella nostra dolente Palermo il sogno di un ospedale con esposizione di espressioni estetiche?), moltiplicazione del verde, giardini.


Tale combinato risveglia fenomeni vitali interiori a tal punto che anche la malattia possa concorrere alla crescita dell'uomo. Bisogna tracciare con pertinacia un orizzonte di riferimento, destinato a durare nel tempo. Una struttura, una «cittadella della salute», espressione di una grande alleanza e di un patto per la sanità, per rispondere ai nuovi fabbisogni sociali e alla crescita della scienza biomedica e del sistema sanitario.
Come già detto, da qualche tempo si prospetta l'unione sinergica tra Policlinico Universitario e Ospedale Civico. A nostro avviso è arrivato il "kairòs" - il momento giusto, come dicevano gli antichi greci - attraverso forze motivate al dinamismo e non rassegnate a giocare di rimessa. Non esistono motivi impeditivi. L'organizzazione sanitaria pubblica della capitale dell'Isola è connotata da una mappa disomogenea, ove si alternano eccellenze, servizi di elevata qualità e sacche di bassa appropriatezza, scarsa razionalità, inefficienza.


Oscillando tra grigiori provinciali e alto respiro nazionale. L'amplissima area topografica, ove insistono Civico e Policlinico, permette l'eliminazione di sorpassate vetustà e la costruzione di nuovi e adeguati grandi plessi funzionali, con relative opere di urbanizzazione, viabilità, infrastrutture, servizi civili, verde pubblico, case-alloggio per i familiari dei pazienti lungodegenti o provenienti da altre aree geografiche. Il tutto vuol dire coniugare eccellenze universitarie e ospedaliere, con pari dignità, per costituire un centro di accumulazione di competenze. Un luogo di novazione e di alta tecnologia, con 4 compiti specifici: alta professionalità medico-chirurgica; insegnamento a livello superiore; ricerca scientifica; servizio alla collettività.



Nel Policlinico potranno rimanere, oltre a strutture assistenziali più moderne e avanzate, le cattedre di discipline biologiche e di base, nonché laboratori di ricerca pura, mentre gli altri plessi - vincolati quali beni artistici e culturali e, pertanto, intangibili e impossibili da demolire - potranno essere destinati agli studenti e divenire un «campus» di rilievo internazionale. Sito ideale per aule, biblioteche, locali didattici, mensa, luoghi di socializzazione, bar, rivendite di libri e giornali. Per mettere finalmente lo studente al centro dell'alta formazione. L'innovativo e qualificato complesso accademico-ospedaliero, così concepito, dovrà evolvere verso il riconoscimento quale Irccs-Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.



Non è secondario sottolineare che l'adeguato governo di tale filiera di scienza e salute potrà divenire polo di attrazione - o «hub» per dirla in termini moderni, cioè mozzo della ruota, piattaforma - per concorrere alla formazione di ricchezza in Sicilia. Si fa riferimento al radicamento di attività produttive specifiche - farmaceutica, tecnologie medicali e strumentazioni sanitarie - e anche a effetti indotti su comparti collegati e interdipendenti. Strumento per occupazione e lavoro. Occorre certamente un'accurata analisi e una nuova frontiera strategica, con la partecipazione convinta di tutti, attraverso iniezioni di impegno e fiducia.



Esprimiamo una speranza e un auspicio: che questa nuova struttura scientifico-assistenziale, così piena di potenzialità e suggestioni, non venga denominata «azienda». Affinché tutti - medici, operatori, cittadini - ben comprendano, anche dal nome, che una istituzione sanitaria pubblica non è un'impresa per affari e per produrre guadagni. Obiettivi sovrani devono essere il principio etico-legale e la tutela dei diritti del malato. Reiteriamo da anni - in lezioni, conferenze, scritti - la suddetta proposta. Siamo lieti che ora anche altri importanti organi di informazione abbiano fatto proprio il nostro proposito di denominazione. È questo per noi il primato della politica: permeare il sistema a favore dell'uomo e della società.

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