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Il Paese è sfiduciato

Il governo continua a superare gli ostacoli delle votazioni di fiducia, energico e composto, aggettivi che nessuno avrebbe usato nelle settimane scorse per la sua avanzata. L’opposizione continua a blaterare denunciando fratture che non si vedono e debolezze che non affiorano. La verità è che l’opposizione, oltre a non avere un disegno strategico preciso, non ha forza e credibilità nel Paese e allora va avanti imponendo prove di forza che sistematicamente la vedono perdente.



Questo sembrerebbe un ritratto del passato, ma c’è un fatto nuovo: la questione morale tocca entrambi gli schieramenti, non è più appannaggio delle lamentazioni di una sola parte. Il rapporto malato fra politica, affari e malaffare continua e tocca tutti, provocando reazioni speculari e simmetriche. Filippo Penati, esponente milanese del Partito democratico messo sotto inchiesta per presunte tangenti, accusa la magistratura inquirente di aver agito ad orologeria, al solo fine di danneggiare la sua parte politica. Non abbiamo vuoti di memoria, ma questa non era l’argomentazione propria del centrodestra quando i suoi esponenti venivano messi sotto inchiesta? Questa coincidenza di argomentazioni dovrebbe far sperare che entrambi gli schieramenti siano decisi a ringiovanire con una riforma condivisa un ordine giudiziario incartapecorito da decenni.



Ma così non è, il tema delle riforme, nonostante i moniti e le sollecitazioni del Presidente Napolitano, non sembra essere in agenda: i due schieramenti preferiscono irrigidirsi nella logica del muro contro muro. È curioso che anche un magistrato, Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, temendo di essere sottoposto da un momento all’altro a procedimento disciplinare da parte del Csm, si difenda denunciando, tra le righe di un’intervista, la procura di Napoli quale responsabile di una cospirazione ai danni della procura di Roma o comunque di uno sconfinamento di competenze. Siamo alle solite: gli argomenti contro i magistrati inquirenti si ripetono e si sommano, ma nessuno ritiene che la riforma della giustizia debba essere affrontata nell’interesse dei cittadini e del Paese. In questo clima che sembra favorire soltanto gli azzeccagarbugli non mancano giornali che partecipano alla rissa parteggiando con livore, anche loro insensibili all’interesse generale.



Ma il problema della questione morale che si espande e tutto corrode è il nodo centrale dell’attuale situazione italiana. Ogni parte politica si aggrappa alle colpe dell’altra per proclamare una verginità che non ha. Sarebbe molto più logico che gli stessi schieramenti politici ponessero in essere delle regole per isolare i soggetti chiacchierati e sospetti.
Questa sarebbe una riforma senza costi e tale da rassicurare gli italiani che in questi tempi di crisi non sopportano i rapidi arricchimenti e le tangenti; infatti il governo ha la fiducia ma il Paese è sfiduciato. Le caratteristiche di una riforma del genere sono tutte da discutere: non c'è garanzia che le parti politiche trovino un’unità sostanziale. Ma è l’unica riforma che potrebbe riaccreditare i partiti agli occhi degli elettori.

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