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Caro Paolo, ti scrivo...

La lettera dei colleghi al giudice ucciso dalla mafia a Palermo 19 anni fa. Tanta la commozione in via D'Amelio. Grasso: "Il diritto a sapere la verità è un diritto di tutti i cittadini. I magistrati non si fermano"

PALERMO. Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, ricorda "il padre, il maestro" le cui orme ha seguito per tutta la vita; il pm Nino Di Matteo racconta l'orgoglio di aver vinto il concorso in magistratura e la disperazione del dopo stragi; Piero Grasso, capo della Dna, ha in mente l'aiuto, il sostegno e il sorriso di un grande magistrato.
Pensieri dedicati al giudice Paolo Borsellino nel giorno dell'anniversario della sua morte, affidati a delle lettere immaginarie che i colleghi hanno scritto al giudice.
C'é molta commozione in via D'Amelio. Ci sono i ragazzi delle Agende Rosse, molti cittadini e alcuni magistrati. Ma nelle lettere scritte al collega e amico c'é anche l'amarezza di chi vive una realtà difficile in cui - dice Ingroia "si respira più forte il puzzo del compromesso morale", e l'impegno di tutti ad andare avanti per conoscere la verità su una strage che non fu solo mafiosa. "In tanti vorrebbero chiudere questo capitolo - dice Di Matteo - ma noi andremo avanti fino alla fine": un pensiero condiviso da Ingroia. "Il diritto a sapere la verità e un diritto di tutti i cittadini", sostiene. "I magistrati non si fermano", conclude Grasso.

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