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La manovra da 40 miliardi e i tagli chirurgici

La manovra da 40 miliardi sarà varata, salvo sorprese, la settimana prossima. I tagli, com'è noto, saranno fatti, a differenza del passato, con un criterio più chirurgico. Sicuramente almeno 3 miliardi dovrebbero essere ricavati dai costi della politica, sperando che non vi siano ripensamenti dell'ultima ora (come spesso è avvenuto): i risparmi più consistenti dovrebbero venire dall'innalzamento dell'età della pensione delle lavoratrici del settore privato. Il menu dovrebbe contenere anche la flessibilità del patto di stabilità per i comuni e la riforma fiscale. Naturalmente la decisione finale sarà presa dal ministro Tremonti e poi dal governo e, in via definitiva, dal parlamento. Questa correzione dei conti pubblici dovrebbe consentire l'azzeramento del nostro deficit nel 2014. Forse l'obiettivo è troppo ottimistico, ma siamo contenti che i tecnici del ministero stiano lavorando attivamente per arrivare, con criteri razionali e non politici, a tagli dei costi standard della sanità e dei ministeri (2 miliardi di risparmi), all'accorpamento di strutture pubbliche (Enit e Ice, ad esempio), a drastici ridimensionamenti delle auto blu e dei voli di Stato, oltre alle «spese accessorie» di palazzo Chigi e degli organismi centrali. Si dovrebbe aggiungere anche il blocco del turn over nel pubblico impiego, la riduzione della spesa per i farmaci (6 miliardi in meno sino al 2014), il congelamento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici (equivalgono a 172 miliardi), che farebbero risparmiare almeno 5 miliardi. Ovviamente qui si apre la grande incognita della linea sindacale (non solo Cgil, ma anche di Cisl e Uil). Il resto verrà da una miriade di altri «tagli» selettivi e dalla riforma tributaria.
Uno però dei nei o meglio dei punti «intoccabili» della spesa pubblica è rappresentato dalle province, che dovevano essere abolite, tutte o in parte. Ma le 110 «roccaforti» resistono perché possono contare, non solo sul tradizionale sostegno della Lega (molti presidenti nel nord appartengono al partito di Bossi), ma anche su quello degli altri grandi partiti (Pdl e Pd). Nei giorni scorsi alla Camera le decisioni su una proposta di legge costituzionale, che avrebbe cancellato le province, è stata rinviata sine die. La proposta, presentata dall'Idv (e appoggiata dall'Udc) non aveva trovato il consenso di Pd e Pdl. Eppure quelle inutili province (e non «province inutili», come afferma Calderoli) assorbono circa 14 miliardi di euro l'anno (10 di trasferimenti statali e 4 per tasse specifiche). Ma Tremonti non è riuscito a trovare la forza (politica) per questo importante taglio della spesa pubblica. Peccato, perché, oltre al rilevante contenimento dei costi dello Stato, sarebbe possibile ottenere anche un alleviamento fiscale per i cittadini. Il Pd però, fortemente diviso al proprio interno, cerca di spingere, con una proposta di legge, perché vengano abolite almeno le province nelle dieci aree metropolitane. Ci sembrava che questo fosse già previsto nella legge, ma forse ci siamo sbagliati. Intanto, però, chissà perché, negli ultimi tempi è aumentato il numero delle proposte per le istituzioni di nuove province (sono già 21), presentate dai parlamentari di tutte le forze politiche, nessuna esclusa.

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