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De Mauro, adesso le indagini sui "depistatori"

Dalla sentenza che ha assolto Totò Riina dall'accusa di essere il mandante della scomparsa prende le mosse un nuovo filone processuale, come annunciato da Antonio Ingroia. Dopo la decisione della corte di trasmettere gli atti alla Procura diventerà un atto dovuto l'iscrizione nel registro degli indagati di Bruno Contrada, l'ex numero tre del Sisde, dei giornalisti Pietro Zullino e Paolo Petronio, dell'avvocato Giuseppe Lupis e di Domenico Puleo

PALERMO. Dalla sentenza che ha assolto  Totò Riina dall'accusa di essere il mandante della scomparsa di  Mauro De Mauro prende le mosse un nuovo filone processuale. Il  pm Antonio Ingroia lo ha chiamato "De Mauro bis". Dopo la  decisione della corte di trasmettere gli atti alla Procura  diventerà un atto dovuto l'iscrizione nel registro degli  indagati di Bruno Contrada, l'ex numero tre del Sisde che sta  scontando 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa;  dei giornalisti Pietro Zullino e Paolo Petronio; dell'avvocato  Giuseppe Lupis e di Domenico Puleo.  La posizione di Contrada è collegata alla prima fase  dell'indagine. Boris Giuliano, ucciso 9 anni dopo dalla mafia,  confidò al pm Ugo Saito che i servizi segreti erano arrivati da  Roma per 'annacquare'' le indagini indirizzate sulla pista della  misteriosa morte del presidente dell'Eni Enrico Mattei. De Mauro  se ne stava occupando per il film di Francesco Rosi e, secondo i  familiari, aveva raccolto elementi importanti sulla trama che  aveva ordinato il sabotaggio dell'aereo di Mattei. La riunione  tra 007 e investigatori si svolse a villa Boscogrande e lì  venne deciso di fermare tutto. Contrada però ha sempre negato.    


La mano dei servizi riaffiora nei comportamenti di Zullino e  Pietroni, allora redattori di Epoca, che presero contatti con la  famiglia del giornalista per un'inchiesta sui vari filoni del  caso De Mauro di cui venne pubblicata solo la prima puntata.  Zullino, che aveva collegamenti con il Sid, cercò anche di  influenzare le indagini attraverso l'avvocato Lupis, altro uomo  dei servizi di sicurezza. Lupis si recò a Gagliano  Castelferrato, in provincia di Enna, per recuperare il nastro  con l'ultimo intervento pubblico di Mattei. Sarebbe stata una  copia dell'altro nastro che De Mauro ascoltava continuamente  negli ultimi giorni. Ma sono entrambi scomparsi. E l'originale,  ha sostenuto Puleo, venne "rosicchiato dai topi".      Lupis aveva anche il mandato di influenzare le indagini e per  questo era riuscito prima a diventare legale della famiglia De  Mauro, poi a presentare al giudice istruttore Mario Fratantonio  una richiesta investigativa ispirata dai servizi segreti.     


L'obiettivo dei depistaggi sarebbe stato quello di oscurare  la verità sulla fine di De Mauro e sul movente della scomparsa.  L'accusa ne ha indicato due: il caso Mattei e il golpe Borghese  di cui il giornalista avrebbe avuto conoscenza nella fase  praparatoria. In entrambi i casi sarebbe stato eliminato da una  convergenza di interessi di poteri politico-finanziari, ambienti  neofascisti e mafia. Le dichiarazioni di vari collaboratori, tra  cui Rosario Naimo, non sono state sufficienti a collegare la  scomparsa di De Mauro a Totò Riina. Per questo, secondo il  legale di parte civile Francesco Crescimanno, la sentenza della  corte, per quanto possa generare "sorpresa", segue comunque un  "percorso logico" che solo con le motivazioni si conoscerà.  Ma nel conto bisogna mettere anche gli effetti provocati da una  sistematica distruzione delle prove. Il processo bis ai  "depistatori" cercherà di capire chi e perché ha ostacolato  appunto la ricerca della verità. 

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