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Pioli: "Ho già in mente il Palermo che sarà"

Intervista con il neoallenatore dei rosanero. "Questa piazza mi comunica passione, allenare qui è un sogno. Il paragone con Rossi? Lo so, è inevitabile. Il nostro gioco non sarà mai passivo, tenderemo sempre a costruire". E su Miccoli e Pastore: "Sono dei grandi giocatori"

PALERMO. Stefano Pioli, l’allenatore che ha preso il posto di Delio Rossi sulla panchina del Palermo, è in vacanza negli Stati Uniti, a Miami, dove vive sua figlia. Resterà ancora per qualche giorno in Florida, poi concluderà le sue vacanze alle Bahamas. Tuttavia, contrariamente da quello che accade alle persone... normali, conta i giorni per tornare al lavoro, per iniziare quella che può considerarsi l’esperienza professionale più importante della sua carriera. Appuntamento al 2 luglio in Val Venosta.



Se oggi pensa al Palermo qual è la cosa che le viene in testa immediatamente?


«Il pubblico dell’Olimpico, a quella massa rosanero che mi ha conquistato, anzi estasiato. Ho visto la partita, ma non mi chieda come ha giocato il Palermo, io avevo occhi solo per i tifosi. E vorrei che il mio Palermo riuscisse a trasferire in campo tutta la passione e tutto l’entusiasmo dei suoi fan».



Guardando la partita di Roma si sarà anche accorto di come i fan rosa hanno acclamato Delio Rossi. Sa dunque quanto è amato l’ex tecnico, la cosa la preoccupa?


«Ogni partita sarà un confronto col passato, i paragoni si sprecheranno. Mi auguro di fare tanto bene quanto ha fatto Rossi e magari anche meglio. Non voglio passare per positivo a tutti i costi, ma una tifoseria che si lega in maniera tanto forte a un allenatore possiede valori morali altissimi».



Sa che fare meglio di Rossi non sarà facile? Per i sessantacinque punti dell’anno scorso, la finale di Coppa Italia, le due qualificazioni di fila in Europa...


«Lo so, ma il nostro obiettivo è quello di crescere ulteriormente. Nel calcio non c’è niente di scontato; noi possiamo competere dal quarto al decimo posto, ma abbiamo tutti i mezzi per fare quello che quest’anno è riuscito a Napoli e Udinese».



Come avrà capito, come dice la storia rosanero e come dicono i numeri il suo destino a Palermo dipenderà dai risultati ma anche dal rapporto che riuscirà a instaurare con Zamparini. Pensa di essere attrezzato per l’impresa di restare coerente alle proprie idee senza trascurare i consigli del presidente?


«Ho conosciuto per la prima volta Zamparini dopo la finale di Roma e ci siamo parlati in modo molto chiaro. Ho trovato una persona appassionata, con grande personalità e buon conoscitore di calcio. Non sono preoccupato del mio rapporto col presidente; so bene che oggi l’idillio è perfetto ma che non saranno sempre rose e fiori. Che con i tre punti in palio sarà tutto diverso. Non sono un ingenuo e neppure uno sprovveduto».



Da Campedelli a Zamparini è un bel volo...


«Certamente, ringrazio il Chievo per l’opportunità che mi ha dato. Però come ho detto non temo il confronto con una persona diretta come Zamparini».



Come pensa di impostare il rapporto col presidente?


«Parleremo, ci confronteremo di continuo e ascolterò tutte le cose che avrà da dirmi. So già che non sempre saremo d’accordo su tutto e non mi sono mai considerato un ”signorsi”. In ogni caso non dialogheremo mai sui giornali».



Al presidente viene difficile tenersi dentro le sue opinioni, soprattutto dopo una sconfitta...


«Mi ha promesso che quest’anno non parlerà nell’immediato dopo partita».



Proviamo a capire che Palermo sarà. Sembra che almeno quattro-cinque titolari di questa stagione cambieranno aria. Si può parlare di una piccola rivoluzione? Di inizio di un nuovo ciclo?


«Questo numero di titolari che potrebbero andare via mi sembra aderente alla realtà. Certamente si cambierà qualcosa, ci rinnoveremo con giocatori che potrebbero avere ancora più motivazioni. Cambiare non vuol dire rinunciare ad essere competitivi».



Sembra che molto giri alla possibile cessione di Javier Pastore. Cosa le ha detto Zamparini in proposito? Lei pensa di avere la possibilità di allenare Pastore?


«A me piacerebbe molto allenare Pastore. Il presidente è stato molto chiaro. Mi ha detto che lui vorrebbe tenere Pastore ma che se dovesse arrivare un’offerta irrinunciabile, sia per il club che per il calciatore, sarebbe difficile trattenerlo».



C’è un altro giocatore molto caro al pubblico palermitano il cui destino è ancora da definire. Proverà a trattenere Fabrizio Miccoli?


«Miccoli è un calciatore bravissimo, la sua tecnica non si discute. Bisogna verificare se ha ancora le motivazioni e l’entusiasmo per essere un punto fermo del Palermo. Questo tipo di verifica la sta facendo il presidente».



Il problema di Miccoli è semplicemente quello di giocare. In un modulo con una sola punta quest’anno ha giocato poco, quindi dipende anche dalle sue scelte tattiche...


«In questo momento non so come giocherà la squadra, ma non intendo fossilizzarmi in un solo sistema di gioco. Potremmo giocare con due punte ma anche con un solo attaccante».



L’ultimo arrivato è questo difensore argentino, Cetto. Lo conosce?


«Mi sembra un buon giocatore. Ho visto due cassette di Cetto prima di partire. È un calciatore di grande personalità, era il leader della difesa del Tolosa, di cui era anche il capitano».



Per Mantovani sembra fatta. Si può dire che è un suo pupillo?


«È un giocatore che apprezzo molto per la sua continuità e per la capacità di giocare sia nella difesa a tre che col modulo a quattro. Su Mantovani c’è l’interesse di tanti altri grandi club».



Pensa che altri giocatori del Chievo potrebbero traslocare al Palermo?


«Non so, però almeno un paio meriterebbero un’occasione importante».



In questi giorni è passato il messaggio che Pioli è un allenatore attento principalmente alla fase difensiva. Insomma, una specie di cultore dello zero a zero. Si riconosce in questo profilo?


«No, assolutamente. Semmai è vero che le mie squadre hanno sempre avuto un certo equilibrio tra le due fasi. Non mi sento un allenatore difensivista anche se in effetti quest’anno col Chievo abbiamo incassato pochi gol».



Spieghiamo meglio il concetto...


«Quest’anno non siamo mai stati passivi, non abbiamo mai subito. Il principio fondamentale è che non dobbiamo aspettare gli avversari. Siamo stati bravi ad attaccare in undici e difenderci in undici e questo non vuol dire essere difensivisti. Del resto, senza volere azzardare paragoni irriverenti, il Barcellona subisce pochissimi gol ma nessuno si sognerebbe mai di dire che è una squadra che pensa principalmente a difendersi».

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