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Caso Giaccone, torna a lavoro la figlia del medico ucciso dalla mafia

La dottoressa, impiegata a Villa Sofia per 22 anni, si era ritrovata di colpo senza lavoro. Continua, però, il paradosso burocratico sul suo diritto di pre-pensionamento, finora negato

PALERMO. Una svolta nella vicenda della dottoressa Camilla Giaccone, figlia del medico legale ucciso dalla mafia nel 1982, che si era ritrovata all'improvviso disoccupata perchè l'Inpdap non le aveva riconosciuto il prepensionamento, diritto di cui godono le vittime di mafia. La donna, infatti, può tornare a lavorare nell'azienda sanitaria Villa Sofia di Palermo, dove è stata impiegata per 22 anni e che aveva avviato delle verifiche senza chiarire nulla sul suo ritorno in servizio.
“Non le abbiamo mai negato nulla e nessuno ha preso il suo posto – dichiara il direttore generale dell'ospedale, Salvatore Di Rosa – presenti l'istanza e sarà riassunta”.  Per la dottoressa si è trattato soprattutto di una “mancanza di rispetto per la figura del padre”, che secondo l'Inpdap non sarebbe rientrato tra le vittime di mafia. Il paradosso burocratico, però, non sembra ancora giunto al termine. La signora Giaccone, infatti, potrebbe ritrovarsi sia con lo stipendio che con la pensione. L'istituto nazionale di previdenza, infatti, ha chiesto chiarimenti sui requisiti peri il riconoscimento del beneficio alla Prefettura che, a sua volta, ha girato la questione al ministero dell'Interno. In attesa di una risposta da parte del ministero, la dottoressa può tornare a lavorare e, se arriverà un chiarimento positivo, potrà anche presentare nuovamente la domanda per la pensione.

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