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Stragi in Siria, ma l'Occidente prende tempo

I carri armati e i blindati di Bashar Assad continuano a sparare sui manifestanti in diverse città della Siria (a Deraa, Hama, Homs, Baniyas, Amouda, Qamishly, HashakaBae, ecc). A Homs con proiettili di grosso calibro sparati dai carri armati ieri sarebbero rimasti uccisi una decina di civili. 
Ben tredici persone sarebbero state uccise invece dal fuoco dei tank e da quello delle forze di sicurezza a Harra, nella regione meridionale di Daraa.
Le vittime aumentano ogni giorno, non solo tra i giovani, ma anche tra le donne. Sono ormai quasi mille dall’inizio delle manifestazioni due mesi fa.
La natura stessa della rivolta sta cambiando in questi giorni: ora, insieme a giovani studenti e disoccupati, partecipano con maggiore frequenza anche donne, comprese madri di famiglia. Non si tratta dunque, come affermano le autorità siriane, di «bande di giovani terroristi salafiti».
Le proteste si estendono a macchia d'olio e non sono bastate le timide riforme annunciate dal presidente e non ancora attuate. Ora gli arresti di massa (casa per casa) si contano a migliaia.
Vengono utilizzati anche gli stadi, come nel Cile di Pinochet, per concentrarvi i dissidenti prima di trasferirli nelle prigioni (se ci arriveranno), senza distinguere tra capi ribelli e bambini, anche di dieci anni. 
Infatti anche a questi metodi (il sequestro dei bambini) ha fatto ricorso di recente il regime di Damasco per costringere i genitori a rivelare nomi di manifestanti. Sembra che questi metodi «scientifici» siano stati suggeriti alla polizia segreta siriana dagli alleati iraniani.
A proposito di questa alleanza, il regime di Teheran sembra ormai molto impegnato con Assad, non solo con una massiccia fornitura di armi, ma anche con la presenza di militari, pasdaran e uomini dei servizi segreti, utilizzati direttamente nella repressione, sulla base dell'esperienza fatta in oltre 30 anni di tirannia in Iran. 
Che la Siria sia un alleato prezioso per il regime islamico iraniano è noto. Non a caso Ahmadineyad ha definito le attuali manifestazioni «un complotto dell'Occidente».
C'è poi da ricordare che a Damasco si trovano le centrali operative di una serie di organizzazioni militari e terroristiche (Hamas, Hezbollah, Jiahad islamico, Fplp, Fdlp, ecc.) e in questa città hanno sede le basi dei pasdaran iraniani per gli attentati terroristici all'estero.
Ma non è solo l'Iran l'unico alleato di Assad, vi sono diversi paesi arabi. Ma chi ha interesse a sostenere Damasco è soprattutto la Russia,che rifornisce il regime di armi e «consiglieri». È proprio su questa galassia di alleanze e connivenze, anche occidentali, che conta il giovane Assad e la cricca di generali che lo circonda e che di fatto ne condiziona le mosse. Non a caso le prime sanzioni decise dall'Unione europea (congelamento dei beni all'estero) riguardano proprio i parenti e i militari del regime, ma non il presidente. 
Non sarà comunque facile «pacificare» un paese dopo tanti lutti. Ma, a differenza della Libia di Gheddafi, pochi denunciano il regime autoritario siriano che «spara sul suo popolo», per le gravi violazioni dei diritti umani.
Chissà perché l'Onu e l'Occidente in generale prendono tempo. Gli Usa e Israele appaiono cauti e silenziosi: fanno «paura» i possibili cambiamenti in quest'aria rovente del Mediooriente.
Ma l'imprevedibile potrebbe anche accadere, nonostante la sanguinosa repressione che non trova riscontri nelle rivolte degli altri paesi arabi. Compresa la Libia, dove però la Nato (e ora anche l'Italia) continua a bombardare. Strani misteri.

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