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Condannati per truffa 17 dipendenti del Teatro Massimo

Accusati di aver gonfiato gli stipendi per un totale di 615 mila euro. Artefice del meccanismo sarebbe l'ex responsabile dell'ufficio paghe e contributi della Fondazione gestore del teatro di Palermo

PALERMO. Tutti condannati i diciassette dipendenti del Teatro Massimo indagati per truffa, per aver intascato stipendi gonfiati per un totale di 615 mila euro in un paio di anni. Il meccanismo che era alla base dell'imbroglio veniva messo in atto grazie alla falsificazione dei familiari a carico, che venivano moltiplicati. Il giudice monocratico della quinta sezione del Tribunale, Giuseppina Cipolla, ha inflitto a tutti pene comprese tra l'anno e quattro mesi e l'anno e mezzo. Tra coloro che hanno avuto la pena più alta c'è anche l'ex responsabile dell'ufficio paghe e contributi della Fondazione che gestisce il teatro, Nicolò Antonino Amato, ritenuto l'artefice della truffa. Ad Amato gli altri indagati hanno addossato ogni responsabilità, sostenendo che sarebbe stato lui, a loro insaputa, a gonfiare le buste paga. Ma a questa tesi il giudice non ha creduto.
In realtà, però, in questo processo le pene sono solo virtuali in quanto nessuno dei condannati le sconterà, grazie alla sospensione condizionale. Fanno eccezione quattro imputati, Antonino Amato, Gino Ziino, Rosalia Giovanna Ferrara e Giovanni Di Liberto, ai quali il beneficio verrà concesso solo se accetteranno di svolgere lavori socialmente utili per la Regione. La difesa, tra cui gli avvocati Alberto Raffadale, Rodolfo Calandra e Giuseppina Aronica, ha già preannunciato il ricorso in appello.
Il diritto al risarcimento e una provvisionale simbolica da 25 mila euro sono stati riconosciuti, invece, alla Fondazione guidata dal sovrintendente Antonio Cognata, che si è costituita parte civile. La stessa Fondazione, inoltre, ha fatto aprire un procedimento di fronte alla Corte dei Conti nei confronti del ragioniere Amato. I legali dei condannati, invece, hanno annunciato ricorso in appello.

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