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In Romania il tesoro di Don Vito, nuova indagine per riciclaggio su Ciancimino jr

Dall'inchiesta emerge che le due società sequestrate e confiscate sono state riacquistate da persone vicine a Massimo che, durante le deposizioni, aveva contatti con gli ex soci

PALERMO. Gran parte del cosiddetto “tesoro” di Don Vito, ovvero le fortune accumulate dall'ex sindaco mafioso col denaro delle tangenti e del sacco di Palermo, è in Romania e potrebbe rimanere lì. La nuova indagine, coordinata dai pm Roberta Buzzolani e Lia Sava, è per riciclaggio e le accuse sono contro il figlio di Don Vito, Massimo Ciancimino e su alcuni soci ufficiali delle aziende. Quest'ultimi, infatti, avrebbero svuotato le due holding che erano state sequestrate e confiscate dalla magistratura: la Sirco, che ha sede a Palermo, e Agenda 21 Sa, con sede a Bucarest.
Attraverso un complesso gioco di società, sarebbero riusciti ad aggirare i provvedimenti cautelari e così l'amministratore giudiziario, Gaetano Cappellano Seminara, ha perso il controllo di una società, la Ecorec, che gestice una discarica vicino Bucarest, a Gline, che da sola ha un valore di circa 250 milioni. I finanzieri ritengono che l'operazione diretta a investire nei rifiuti, sia stata controllata da Massimo Ciancimino e da Gianni Lapis, già condannati in appello per riciclaggio e fittizia intestazione di beni. Al centro di tutta la vicenda ci sarebbe Raffaele Valente, un immobiliare vicini a Ciancimino jr che, con la sua società, la Alzalea, ha comprato all'asta di Bucarest una partecipazione societaria per appena 30 mila euro che assicura il controllo della Ecorec e quindi della discarica. Inoltre, dall'indagine è emerso che, contemporaneamente alle deposizione fatte per l'indagine sulla trattativa fra mafia e Stato, Massimo Ciancimino si incontrava e parlava con soci ed ex soci occulti, informandoli sui processi e sugli atti che riguardavano i dibattimenti sul tesoro.

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