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"The Greek Passion", in prima italiana al Teatro Massimo di Palermo

Immigrazione, tolleranza e religione i temi fondamentali dell'opera del musicista ceco Martinu. Al debutto il prossimo 29 aprile nel nuovo allestimento del regista Damiano Michieletto

PALERMO. La Pasqua, un paese florido, l'improvviso arrivo di un gruppo di profughi, la condivisione e l'egoismo: questi i temi fondamentali – oggi di grande attualità – che emergono dalla vicenda narrata dall'opera “The Greek Passion” di Bohuslav Martinů, in scena al Teatro Massimo di Palermo in prima italiana il 29 aprile prossimo. È un’opera che parla di temi molto attuali, come tolleranza, accoglienza. Narra il processo di identificazione dei suoi personaggi coi ruoli della rappresentazione sacra della passione di Cristo, alla quale si appresta il villaggio greco di Lykovrisi. Al contempo si sviluppano le polemiche per l'accoglienza di alcuni profughi.
«Verrebbe da dire che purtroppo è attuale – sottolinea il regista Damiano Michieletto - È la storia di un villaggio greco, ricco di gente che sta bene. Arriva un gruppo di profughi: non sono stranieri, è gente che parla la stessa lingua e soprattutto ha la stessa religione; il loro villaggio è stato incendiato dai turchi e sono scappati. Chiedono terra, cibo, aiuto; lo chiedono in nome di Dio e in nome di Dio vengono respinti. L’impianto sociale è del tutto attuale». «Entrambi i leader di questi due gruppi sono leader religiosi, che fanno “politica”, perché gestiscono le coscienze e i comportamenti degli appartenenti ai loro gruppi. - continua Michieletto - Io ho tenuto a mantenere l’attualità di questa storia senza rinunciare al lato religioso, perché secondo me nella musica è fondamentale. È una vicenda che non manda a casa rassicurati, anche se non ho voluto calcare la mano sull’aspetto tragico e sull’ipocrisia. Ho voluto ricordare però che “Greek Passion” parla di spiritualità».
Capolavoro del musicista ceco Martinů, “The Greek Passion” fu completata nel 1957 e più volte rielaborata dal compositore che, morto nel 1959, non poté mai vederla in scena. Durante la preparazione dell'opera, Martinů andò in Grecia per conoscere l'ambientazione originale della vicenda narrata e studiare la musica popolare. E' il suo supremo impegno artistico e spirituale. Per questo nuovo allestimento del Teatro Massimo è stata scelta la versione originale del 1957, andata in scena al Festival di Bregenz nel 1999 e al Covent Garden di Londra, nel 2000 e nel 2004. Sul podio dell'orchestra del Teatro Massimo debutta Asher Fisch, noto direttore israeliano. La regia è affidata a Damiano Michieletto, vincitore del Premio Abbiati, fra i più interessanti della scena teatrale italiana; le scene sono di Paolo Fantin, i costumi di Silvia Aymonino.
Il cast, numerosissimo, comprende nei ruoli principali, Ladislav Elgr (Manolios), Judith Howarth (Katerina), Jan Vacik (Yannakos), Luiz-Ottavio Faria (Fotis The Priest) e Mark S. Doss (Grigoris The Priest). Il Coro del Teatro Massimo è diretto da Andrea Faidutti, il Coro di voci bianche da Salvatore Punturo.

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