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Caso Vitrano, la polizia sentirà dirigenti regionali

Sono Francesca Marcenò, fino a poco tempo fa al vertice del Servizio II dell'assessorato all'Industria, settore Risorse minerarie ed energetiche, e Adele Mormino, ex sovrintendente dei Beni Culturali di Palermo

Si sta sviluppando nell'ambito della burocrazia regionale l'inchiesta sulle mazzette per il fotovoltaico che ha portato in carcere il deputato regionale del Pg, Gaspare Vitrano. Dalle indagini, ma anche dalle dichiarazioni, del "mediatore" Pier Giorgio Ingrassia, sono emersi i nomi di alcuni funzionari e dirigenti che sarebbero stati "impermeabili alle pressioni dei politici".    Due di loro saranno sentite dalla polizia giudiziaria su delega dei magistrati che coordinano l'inchiesta. Sono Francesca Marcenò, fino a poco tempo fa al vertice del Servizio II dell'assessorato all'Industria, settore Risorse minerarie ed energetiche, e Adele Mormino, ex sovrintendente dei Beni Culturali di Palermo.    


A fare il nome di Marcenò è stato anche Vitrano che ha chiesto agli inquirenti di sentirla, convinto che il dirigente possa confermare che da parte sua non c'é stata alcuna pressione per il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti fotovoltaici. Nelle scorse settimane Marcenò è stata trasferita nell'ambito di un turn over all'interno degli uffici di via Ugo La Malfa. Secondo l'ingegnere Pier Giorgio Ingrassia, il trasferimento è stato attuato proprio per la sua "inflessibilità". Adele Mormino è stata invece citata da Ingrassia parlando dell'impianto di Roccamena, inizialmente bloccato proprio dalla sovrintendente perché ricadeva in un'area sottoposta a vincoli archeologici. Proprio in questo frangente è stata creata l'Enerplus 2010, gemella della Enerplus, società a responsabilità limitata nate rispettivamente nel 2010 e nel 2008 che grazie "all'interessamento di Vitrano" e per merito "alle numerose concessioni che ci faceva avere in poco tempo", dice Ingrassia ai magistrati, avevano aumentato subito il loro valore tanto da essere vendute a una società spagnola per oltre sei milioni di euro.      


Tutto il denaro - secondo Ingrassia - era versato in un conto di una banca di Lugano per non incappare in controlli. Dei sei milioni, il 10%, secondo Ingrassia, sarebbe andato a Vitrano e i seicentomila euro per il politico sarebbero stati prelevati proprio dalla Svizzera. Lo stesso Vitrano ha ammesso, durante gli interrogatori, di essere a conoscenza di questo conto in Svizzera dove lui aveva versato i proventi di alcuni investimenti nel fotovoltaico. A fare insospettire gli inquirenti è il fatto che da un investimento iniziale di 40 mila euro, Vitrano avrebbe in poco tempo avuto ricavi per 900 mila euro.    Di un conto in Svizzera parla anche l'altro deputato regionale coinvolto nella vicenda, ma che non sarebbe iscritto nel registro degli indagati: Mario Bonomo. Bonomo ha chiesto ai pm di essere sentito e ha nominato un legale, l'avvocato Angelo Mangione. Il politico sostiene di poter spiegare i movimenti di denaro dalla Svizzera, ma per il momento i pm hanno deciso di non sentirlo

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