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Laquidara, una siciliana che canta in vicentino

Nata a Catania, ma veneta di adozione, presenta il suo nuovo album di inediti. “Volevo cantare poesie in dialetto, il veneto ha una cadenza dolce”. Ma con Van De Sfroos si esibisce in siciliano

MILANO. “Un’anguana” di origine siciliana canta in vicentino. Lei è Patrizia Laquidara, nata a Catania ma di adozione veneta, indiscutibile voce del panorama vocale italiano. Dopo il successo dei due precedenti album, “Indirizzo Portoghese” e “Funambola”, si sperimenta con un nuovo album di inediti uscito pochi giorni fa e che, alla Salumeria della Musica di Milano il 18 marzo, verrà presentato in anteprima insieme ad altre canzoni, in un club tour “di passaggio” dal nome “Cento sottane”, all’insegna della rappresentazione di storie, vicende e personaggi femminili. “Il Canto dell’Anguana” (prodotto da Giancarlo Trenti per Slang Music) è il risultato del suo viaggio musicale attraverso luoghi, parole, note, strumenti, cori e leggende, interamente cantato in dialetto altovicentino, accompagnata dagli Hotel Rif e arrangiato con la partecipazione di strumenti tipici del mondo popolare, come maranzano, ghironda, bombarda che si fondono con gusto all’elettronica. Tra memoria e futuro, è un viaggio sonoro che accompagna la figura dell’anguana, donna-serpente che vive tra terra e acqua, dalla nascita alla morte, dal desiderio alla sua estinzione. È la musica a dare voce e sonorità a questo spirito libero e sguazzante.
 A collaborare a questo progetto anche due storici musicisti della tradizione siciliana popolare: Puccio Castrogiovanni e Alfio Antico, catanesi, che qui interpretano anche il coro della filastrocca siciliana. L’aiuto di due validi siciliani, con l’intento di mescolare sud e nord, terra d’origine e terra di adozione di Laquidara, duplice natura, animo siciliano e vicentino, di due realtà italiane opposte geograficamente, e non solo.
 Un lavoro di quasi due anni di sperimentazione, i cui testi sono del poeta vicentino Enio Sartori e molte delle musiche di Alfonso Salomone, guru di “El Gallo Rojo” e del panorama della musica improvvisata. E si avvale anche del coro delle Canterine del Feo, cinque donne che vivono in un micro contesto, quella della contrada e che riescono ad interpretare al meglio una musica mondiale.
Un cd che racchiude una voglia estrema di dimostrare all’umanità come l’identità dei popoli non è statica, ma intrisa di elementi di culture apparentemente lontane, meticcie, migranti: come un serpente che sguiscia veloce.
“Non mi sono mai sentita radicata in un solo posto”, dice, “sono uno spirito selvaggio e libero, sono un’anguana. Qui ho riflettuto sulla mia identità. Volevo cantare poesie in una lingua come il dialetto. Il veneto ha una cadenza dolce, il dialetto siciliano è forte, invece, più gutturale. Io non parlo nessuno dei due dialetti, ma li comprendo. Ascolto mio padre che a casa usa il siciliano e mia madre il veneto. Avendo cantato in molte lingue, soprattutto del mediterraneo, non è stato molto difficile. Mi piace enfatizzarne il suono. Il dialetto sa valorizzare molto di più il tutto”. Non a caso, ha anche collaborato cantando in dialetto siciliano in “Dove non basta il mare”, nell’ultimo disco di Van De Sfroos, “Yanez”, uscito pochissimi giorni fa.
Come nasce questo progetto che è tutto sperimentale, dall’uso del dialetto agli strumenti, dagli arrangiamenti ai temi trattati?
“Ho sempre avuto a che fare con la musica etnica e popolare, soprattutto del mediterraneo, e ci tenevo a mettere nero su bianco questa mia esperienza. È la musica che io amo di più. Ho partecipato in contesti dove la musica popolare la faceva da padrona, come l’EtnaFest con Carmen Consoli e da questa passione ho pensato di lavorare a questo disco, partendo da un’identità forte. Non mi sono mai sentita totalmente veneta né totalmente siciliana. Mi sono sperimentata nel cantare qualcosa di originale e ho deciso di comporle tutte ex novo. Questo disco mi ha permesso di conoscere meglio il mio essere e di riflettere sulla mia identità.  Volevo cantare delle culture. La musica popolare rischia l’estinzione a causa di una cultura di massa che tende ad appiattire e a rendere tutto uguale. Con questa grande motivazione ho preso in mano e mischiato le sonorità dell’habanera, della taranta e della tarantella, delle fanfare balcaniche. Non è stato un fatto casuale. Dall’alto vicentino a musiche di tutto il mondo per dimostrare che le culture devono imbastardirsi per rimanere in vita”.
Chi è l’anguana?
“L’anguana sono io, ma non solo. L’anguana non è solo una donna, ma è un ambiente, una lingua: può essere tutto. È la voce bellissima di una creatura quasi dimenticata che ci dà una grande lezione di vita: non appropriarsi degli spazi altrui. Il tema attuale della distanza che deve essere rispettata tra due persone. Si parla di questo in un momento in cui ciò non viene rispettato. È una figura simbolo si ritrova in tantissime parti del mondo, a dimostrare che i miti viaggiano. È sfuggente, selvaggia e indipendente. Rappresenta la parte animale di tutti noi”.
Chi sono le Canterine del Feo?
“Cinque signore tra i 67 e gli 80 anni che vivono in una piccolissima contrada che si chiama “il feo”. Le loro sono canzoni che parlano di vita quotidiana, intrise di verità e memoria. Pochissime volte ho incontrato tanta gioia di cantare come l’ho incontrata nei loro sguardi e nella loro vitalità. Nella vita quotidiana, raccoglievano l’acqua al torrente e poi la spandevano nel bosco per poter trovare la scusa di tornare indietro a riempire nuovamente i secchi e tornare a cantare. Semplicemente meraviglioso.”
Laquidara e Consoli. Voci dell’isola...“È la cantautrice che amo di più in Italia. Nutro profonda stima per lei. Ho collaborato in concerti live, e poi mi ha chiesto di interpretare una canzone di Rosa Balistreri. Ad unirci l’amore per la musica popolare. Ho chiesto a due grandi musicisti siciliani che collaborano con lei, Puccio Castrogiovanni  e Alfio Antico di abbracciare il mio progetto. Hanno importato la mia identità siciliana intrisa di quella vicentina. Non a caso la voce di Puccio si mischia a quella delle Canterine del Feo: ancora una volta nord e sud insieme.”

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