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Vene varicose, colpite 3 persone su 10

Più frequenti nelle donne, soprattutto dopo la gravidanza. Ed ecco le tecniche per risolvere il problema

PALERMO. Colpisce soprattutto le donne ma può interessare anche gli uomini, con un rapporto di quattro a uno: il problema delle vene varicose incide sul 30% della popolazione italiana, con un‘insorgenza che, per il sesso femminile, si colloca più frequentemente dopo la gravidanza. La salute del nostro sistema circolatorio è stato il focus del Primo Convegno Regionale di Flebologia Emodinamica ed Integrata che ha trattato la patologia venosa a trecentosessanta gradi, con un approccio globale e integrato.
Un confronto fra le diverse tecniche: le tradizionali, le cosiddette “demolitive” perché eliminano o chiudono la safena , come lo stripping, il laser e la sclero-mousse, e le “conservative” come la C.H.I.V.A. o, in ultimo, l’Ecosclerosi Emodinamica Conservativa, una metodica ancora più dolce e poco invasiva.
L‘E.S.E.C., spiega il dottor Eugenio Bernardini, docente all'Università di Camerino, uno dei pochi a praticare questo tipo di intervento in Italia, “è stata messa a punto diciassette anni fa. E’ una pratica che conserva il patrimonio venoso dell'individuo. Si agisce con una scleroterapia mirata e a bassissimo dosaggio con piccole iniezioni di liquido sclerosante, in quantità quasi omeopatiche, che andranno a restringere il diametro della vena facendo riallineare le valvole e impedendo così l'incontinenza del vaso. Naturalmente, avendo le vene varicose una forte componente di origine ereditaria, non esiste una cura che elimini definitivamente il problema: sono quindi necessari trattamenti annuali di mantenimento"
Allo studio anche un’integrazione fra flebologia e Medicina Integrata, spiega Edmondo Palmeri, presidente della L.A.M.B., Libera Accademia di Medicina Biologica, che ha organizzato l’incontro: "stiamo sperimentando la possibilità di intervenire con farmaci omeopatici e fitoterapici in fasi precoci della patologia. Lo studio dell'apparato venoso è in continua evoluzione. Con questo convegno volevamo dare evidenza alle nuove acquisizioni in questo campo, in particolare a quelle cure che, bypassando gli interventi chirurgici, si fondano su modalità di recupero non soppressive del sistema venoso e prevedono anche l‘utilizzo terapeutico della Medicina Integrata”.
All’incontro ha partecipato anche il dottor Paolo Maria Fanzio che da anni, in Francia presso l'Ospedale Georges Pompidou di Parigi, pratica l’Autotrapianto Microchirurgico Linfonodale per la cura dei linfedemi, sia congeniti che acquisiti come quelli conseguenti ad una mastectomia.
"Questo tipo di intervento consiste nel trapianto di un lembo contenente linfonodi nella zona patologica -spiega Paolo Maria Fanzio-. Ad esempio, nel caso di un tumore al seno per il quale sia stato necessario un asportazione dei linfonodi dal cavo ascellare, si potranno reimpiantare i linfonodi dell'inguine che sono ritenuti "sacrificabili". Questo impedirà l'anomalo accumulo di linfa, responsabile del gonfiore a carico degli arti, garantendo la funzionalità della parte".

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