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Programmi Rai a “targhe alterne”? Stravagante e irrealizzabile

Il conduttore sull’ipotesi di avvicendamento dei talk show più seguiti: “Basterebbe rispettare di più le regole”

La proposta di fare i programmi a «targhe alterne» (una settimana «Anno zero», una «Ballarò» e così via) è stravagante e irrealizzabile. Ma c'è da chiedersi perché sia venuta in mente ad Alessio Butti, capogruppo del PdL in commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai e politico di lunga esperienza. La verità è che Butti e i parlamentari di maggioranza non sanno dove battere la testa per arginare l'ondata antigovernativa che tracima da alcune trasmissioni.
I miei colleghi di Raitre, a cominciare dal direttore Paolo Ruffini, sono eccellenti professionisti, ma è un fatto che su quella rete - per tre quarti dedicata all'informazione - dal risveglio alla buonanotte non c'è un solo momento che non sia ispirato alla Guerra Santa contro Berlusconi. Dico contro Berlusconi e non solo contro il governo perché la stessa impostazione regge dal '94 anche negli otto anni in cui il Cavaliere è stato all'opposizione. Con una differenza: quando la Rai è stata governata dalla sinistra, i programmi a sfondo politico erano meno numerosi, in ossequio alla vecchia regola di non disturbare il manovratore. Fu Silvio Berlusconi a firmare nel 2001 l' "editto bulgaro" che fece uscire Santoro dalla Rai, gli assicurò una fantastica elezione al parlamento europeo in quota ds e lo fece rientrare in azienda con una sentenza che gli garantisce per sempre la collocazione nel palinsesto di Raidue. Raidue e non Raitre perché - sempre la sinistra - per evitare che Santoro tornasse dal parlamento europeo ne assegnò in gran fretta nel 2002 lo spazio al bravo Giovanni Floris, richiamato d'urgenza dagli Stati Uniti. Non era stato d'altra parte Enzo Siciliano, presidente della Rai in quota Pds, a pronunciare nel '96 la celebre frase "Michele chi?", per ridimensionare lo spirito rivoluzionario di Santoro? Michele andò per tre anni a Mediaset, con soddisfazione sua e dell'editore, e chi vuole rovinare la giornata al Cavaliere gli chieda quanti miliardi (di lire) gli è costato il nostro amico in quel triennio.
È un fatto che per ragioni insondabili il palinsesto di Raitre non è mai stato antigovernativo e antiberlusconiano come in questa stagione. Il problema è in larga parte irrisolvibile e la storia dell'alternanza tra «Anno Zero» e «Ballarò» non ha senso. Un metodo per attenuare l'impatto di questa enorme potenza di fuoco ci sarebbe ed è il più semplice e praticabile rispetto delle regole. Si prenda «Ballarò» dell'altra sera. Floris, l'ho già detto, è un bravo professionista, ma il ministro dell'Interno Maroni si è trovato contro due politici (Finocchiaro e Casini) e due giornalisti (Battista del Corriere e Giannini di Repubblica). Bella trasmissione, tutti bravi, ma per ogni applauso a Maroni se ne contavano dieci per i suoi contraddittori. Perfino Santoro, eccellente professionista anche lui, negli ultimi tempi è stato più attento negli inviti, anche se il taglio della trasmissione resta quello che è. È possibile che non ci sia verso di fare programmi più equilibrati senza nulla togliere alla libertà editoriale degli autori?
Per compensare gli insuccessi in questo campo, la direzione della Rai ha deciso di potenziare l'informazione su Raiuno, dove «Porta a porta» si occupa solo in parte di politica ed è comunque relegata nella tarda serata. Giuliano Ferrara subito dopo il Tg 1 delle 20 e Vittorio Sgarbi per alcune prime serate politico-culturali in primavera sono certamente forti. Non ho idea di come utilizzeranno il loro spazio e posso quindi parlare soltanto per me, visto che anch'io avrò una prima serata informativa dopo il ciclo sui 150 anni di Unità e nei tempi compatibili con il nuovo palinsesto. Ho sempre guardato con un po' di diffidenza alla «promozione» in prima serata per due ragioni. La prima è che Raiuno esige ascolti che l'informazione non può dare. O almeno l'informazione moderata. Vespa - e veniamo alla seconda ragione - non potrà mai essere l'anti Santoro. Per formazione e per carattere non ho mai fatto, né mai farò trasmissioni «contro» qualcuno o comunque con una tesi prestabilita che prende corpo durante il programma. I moderati non aggrediscono, ma se non aggredisci difficilmente farai grandi ascolti. E allora, qual è la soluzione? Per quel che mi riguarda mi rivolgerò a un pubblico in genere meno politicizzato di quello delle altre principali trasmissioni (il famoso pubblico «nazional popolare») cercando di fornirgli gli strumenti per farsi un proprio autonomo giudizio. Alla lunga, ne sono convinto, è la strada che paga.

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