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Immigrati e allarme tubercolosi

Dopo che in soli cinque giorni 5.000 tunisini sono sbarcati con le loro carrette a Lampedusa, è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria. L’assessore alla sanità della regione Sicilia ha confermato che la situazione sanitaria è sotto controllo. Tuttavia nei racconti dei migranti riportati dai quotidiani è contenuto un allarme al quale bisogna porre per tempo la dovuta attenzione. Samir, 23 anni, ha dichiarato di “non mangiare da giorni, di avere tanto freddo e di avere speso tutti i propri soldi per questo viaggio” della speranza. Se, come è logico ritenere, la maggior parte degli immigrati si trova nella difficile situazione di Samir, allora è concreto per alcuni di loro il rischio di sviluppare la tubercolosi.
Stimiamo che tra i 5.000 in fuga dal Maghreb, almeno 5 siano i malati e circa 2000 (il 40%) coloro che ospitano nel proprio organismo il bacillo tubercolare vivo ma in forma inattiva, condizione nota come Infezione Tubercolare Latente. Gli stenti, lo stress, la carenza di cibo, possono risvegliare quei bacilli e far aumentare il numero di casi di tubercolosi attiva. Gli sforzi organizzativi nella fase dell’emergenza dovrebbero dunque consentire la diagnosi della tbc polmonare, con il conseguente isolamento dei malati, specie se tossicolosi, e in un secondo momento concentrarsi anche nella diagnosi e nel trattamento dei soggetti con infezione tubercolare latente con l’obiettivo di evitare una possibile escalation del contagio sia all’interno dei gruppi di migranti, sia tra i soccorritori.
Salvatore Rossitto, Noto

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