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L'economia dell'Isola bloccata

La paralisi della Regione sta bloccando l’economia dell’isola. Le trame interne al Palazzo sono uno spettacolo deprimente. Diventano anche pericolose quando si trasformano in una tela di ragno nella quale finisce intrappolata l’attività di governo. A pagare il conto sono i cittadini e le imprese. L’allarme è stato lanciato dal comitato di Presidenza di Confindustria Sicilia. Dice con amarezza il vice-presidente Giuseppe Catanzaro: «Abbiamo l’impressione che non ci sia la percezione della gravità della situazione». Accade l’incredibile. La riforma dei Dipartimenti regionali, presentata dalla giunta come una sferzata di dinamismo, si è trasformata in una palude. Non è stata, infatti, accompagnata dalla nomina dei nuovi dirigenti generali. I partiti, infatti,non hanno trovato la «quadra» sulle designazioni.
Le regole spartitorie hanno imposto i loro vincoli. La debolezza della giunta ha impedito una soluzione tempestiva. La conseguenza è stata la paralisi perchè in questo momento nessuno dei dirigenti uscenti si assume la responsabilità di firmare gli atti amministrativi. Il danno per il sistema economico dell’Isola è di tutta evidenza. La macchina si sta fermando. Una situazione di stallo assolutamente ingiustificabile. La giunta regionale, impegnata nella spasmodica ricerca di nuovi equilibri, è ormai costretta alla paralisi.
Risultato? Ci sono risorse bloccate per 1,6 miliardi che non vengono spese mettendo in gravissima difficoltà l’intero sistema produttivo. I tempi di pagamento si stanno allungando paurosamente: 400 giorni con punte di 800. Vuol dire che ci sono imprese che da quasi tre anni aspettano il pagamento di una fattura. Nel frattempo i costi crescono e gli interessi da pagare alle banche divorano i margini. Di fronte ad una situazione così grave, però, non c’è nessuno che si assuma il compito di intervenire.
L’assessore Armao, di recente, ha messo in luce la gravità della situazione. L’invocazione, però, è rimasta priva di contenuti. Nessuno che abbia la forza di riconoscere la superiore moralità del fare superando ostacoli e barriere. Così i tempi della crisi economica si allungano. Perché un conto è la mancanza di fondi. Un’altra, ben più grave, l’incapacità di spendere fondi che già ci sono.
Una paralisi che dimostra la totale indifferenza del sistema politico nei confronti del mondo delle imprese. Ma anche dei disoccupati siciliani e dei giovani che non riescono a trovare un lavoro. Il presidente sostiene che la ricchezza dell’Isola (il Pil) cresce ad un ritmo maggiore di quello del Paese. Verissimo. Ma cresce ancora (ci dicono gli economisti) in una misura che non consente aumenti di occupazione nella regione che vanta (si fa per dire) il tasso di disoccupazione più alto del Paese. Siamo infatti, all’1,8% lordo, perché si crei lavoro dovremmo andare oltre il due per cento. Se si cammina,bisogna correre. Per dare a quanti cercano un lavoro, in primo luogo giovani, la speranza di un futuro. Ecco perché sollecitiamo la politica a smettere pratiche autoreferenziali che non fanno altro che allungare la crisi invece di invertire la corsa.
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