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Nuovo Polo, è già crisi?

Dopo Ragusa, l’alleanza va in frantumi anche a Catania e scricchiola ancora ad Agrigento. Polemica per il rientro nella giunta etnea del Pdl da parte del Mpa

PALERMO. Dopo Ragusa, il Nuovo polo va in frantumi anche a Catania e scricchiola ancora ad Agrigento. Nel giorno in cui si è fermata all’Ars la riforma del commercio, Lombardo ha compiuto una mossa che ha irritato gli alleati.
L’Mpa del presidente della Regione è rientrato con due assessori nella giunta del Comune di Catania, guidata dal Pdl con Raffaele Stancanelli. Il rimpasto, che dà vita a una giunta per metà tecnica, ha visto anche l’ingresso di due politici del Pdl. Mpa e berlusconiani tornano dunque insieme proprio nel quartier generale di Lombardo.
Mossa che non è piaciuta a Pippo Scalia. Il leader dei finiani proprio ieri aveva incassato le critiche di Lombardo al sostegno annunciato dal suo partito a Ragusa (unica città al voto in primavera) al candidato del Pdl, Nello Dipasquale. Sostegno - sposato anche da Udc e Api - frutto della conferma dell’alleanza che da 5 anni governa Ragusa. Ieri il finiano Fabio Granata aveva a sua volta accolto le obiezioni di Lombardo: «Alle prossime Amministrative, da Ragusa all’ultimo centro dove si vota col proporzionale, non si può che partire dal Nuovo polo e avere una strategia comune con l’area politica che sostiene il governo regionale. Scalia non può non tenerne conto». Granata ha ribadito il suo «mai più con Pdl e Forza del Sud». E anche Giuseppe Lupo, segretario del Pd, ha tuonato: «assurdo che partiti del terzo polo sostengano il Pdl a Ragusa».
Ma dopo la notizia dell’ingresso dell’Mpa in giunta a Catania Scalia ha mostrato il suo disappunto: «Avrà anche ragione Lombardo sull’unità del Nuovo polo. Ma poi agisce diversamente. Come la spiega questa operazione su Catania? La verità è che c’è un progetto comune ma ci vuole tempo per metterlo in piedi».
E infatti anche sulla giunta provinciale di Agrigento ieri si è registrata una battuta a vuoto. Lì il presidente, l’autonomista Eugenio D’Orsi, vuole portare dentro il Pd ma Udc e finiani si oppongono.
Ieri Lombardo ha comunque riunito i leader all’Ars della nuova maggioranza targata Fli, Udc, Api, Mpa e Pd. Sul tavolo però è finita la contestatissima legge sul commercio. Un testo che regola gli orari di apertura imponendo la chiusura domenicale tanto a piccoli negozi che grandi centri commerciali. Lombardo e gli alleati hanno concordato in mattinata di fermare per una settimana il provvedimento, che ieri era atteso alla prova del voto all’Ars. Con obiettivo dichiarato: modificare il testo introducendo una sorta di corsia privilegiata che i grandi distributori devono assicurare ai prodotti agroalimentari siciliani. Per Mario Bonomo (Api) «non si può non garantire ai nostri produttori uno sbocco commerciale adeguato. Oggi invece i nostri prodotti soffrono la concorrenza di quelli esteri». Una forma di imposizione non può però essere prevista e allora toccherà all’assessore Marco Venturi individuare un percorso. Da qui il rinvio, l’Ars tornerà a esaminare la legge martedì prossimo.
Dietro la decisione il Pdl vede però il pressing delle lobby della grande distribuzione. Anche perchè dal testo è stato cancellato un articolo che prorogava la concessione di cinque megastore avviati ma non conclusi nei tempi prestabiliti. Fra questi e n’è uno, a Misterbianco, finito in una inchiesta della Procura di Catania. In ogni caso la legge assegna al governo una delega per scrivere un regolamento che limiti le aperture di grandi centri commerciali. Tanto basta a Salvino Caputo, relatore del testo e presidente della commissione Attività produttive, per rilevare che «le lobby sono già al lavoro». Caputo ha chiesto che la commissione torni a esaminare in fretta i 200 emendamenti che appesantiscono il testo. Ma anche per Caputo «è un materia estremamente delicata e merita un approfondimento sui i rapporti tra la grande distribuzione e le esigenze dei lavoratori delle piccole strutture». Per il Pd, con Pino Apprendi la legge va approvata in fretta: «Permetterebbe ai dipendenti di trascorrere con le proprie famiglie 40 domeniche e festività l'anno, e alle piccole attività commerciali di prendere fiato». Nell’attesa, l’assessore Venturi varerà in tutta fretta una proroga del decreto sulle città d’arte che consentirà di alzare le saracinesche anche domenica prossima.

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