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Quirinale e Chiesa si muovono, ma fuori dalle risse politiche

Due istituzioni molto diverse tra loro per storia, per compiti e anche per gli uomini che le rappresentano stanno muovendosi una spanna sopra le risse politiche che da quasi un anno, ormai, avvelenano il Paese con un crescendo di cui non si intravede l'epilogo. Sono, come s'intuisce, il Quirinale e la Chiesa. Ciascuno dei contendenti ha tentato e tenta tuttora di portare dalla propria parte Giorgio Napolitano, il papa, il cardinal Bertone e - ultimo - il cardinal Bagnasco. E colpisce - per quel che riguarda la Chiesa - che gli strappi alle tonache avvengano anche da parte di chi ha sempre gridato all'ingerenza ogni volta che le posizioni della Santa Sede o della Conferenza episcopale andavano in una direzione diversa da quella desiderata.
In realtà, lo stesso capo dello Stato sa bene che c'è troppo grigio nella storia e nella cronaca italiane perché si possa in ogni situazione tracciare un confine netto tra il bianco e il nero. Contrasti politici tra Berlusconi e Napolitano ce ne sono sempre stati e ce ne saranno fino alla scadenza del mandato di entrambi e non c'è dubbio che le cronache da Arcore abbiano imbarazzato anche il presidente della Repubblica. Ma chi sta al Quirinale conosce troppo bene la nostra vicenda nazionale per non avvertire - anche da presidente del Consiglio superiore della magistratura - la straordinaria e pericolosa anomalia di un ordine giudiziario enormemente più potente di parlamento e governo messi insieme e della sua decisiva influenza - da vent'anni, ormai - sulle sorti politiche del Paese. Al tempo stesso Napolitano si rende conto meglio di altri, per il posto che ricopre, di quanto sia dannosa per l'Italia l'instabilità cronica in un momento in cui l'economia - come ha ripetuto ieri premiando i vincitori di Qualità Italia - avrebbe bisogno di uno sforzo collettivo.
Le stesse preoccupazioni si registrano, con toni diversi, negli ultimi interventi della Santa Sede e della Cei. La Chiesa parla sempre a una comunità, mai a una persona. Sia il papa che il suo segretario di Stato hanno mandato messaggi a largo raggio ed è a mio avviso sbagliato, come è accaduto ieri a molti giornali, titolare l'intervento di Bagnasco secondo le finalità più convenienti a ciascuno. I destinatari del discorso del presidente della Cei sono tre: Berlusconi, certamente, ma anche l'intera classe politica e la magistratura. Il presidente del Consiglio in casa sua può fare quel che vuole, ma con un limite di prudenza e di misura che è stato largamente e gravemente superato. Ma è illusorio annegare gli equivoci del Terzo Polo e le divisioni della sinistra nelle pur gravi difficoltà del Cavaliere. Troppo evidente è il tentativo di rilanciare qualunque soluzione possibile alla crisi italiana a patto che Berlusconi se ne vada per non svilire ogni possibile strategia di lungo periodo. Ancora una volta i sondaggi che non penalizzano il Cavaliere e non fanno crescere le opposizioni dimostrano che l'opinione pubblica è più avanti dei politici, attenta com'è ai risultati concreti (ottenuti, attesi o sperati) più che alle suggestioni d'ogni genere. E l'accenno di Bagnasco al gigantesco apparato investigativo messo in piedi dalla procura di Milano sul caso Ruby (esso sì del tutto inatteso) lascia intendere che certe forzature non passano inosservate nemmeno dove abitualmente ci si occupa d'altro. Se i politici d'ogni fazione, invece di incasellare tutti gli interventi di cui abbiamo parlato nelle colonne dei profitti e delle perdite individuali ci meditassero sopra un po' di più sarebbe un gran bene per tutti.

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