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Economia a picco, la politica si dia una mossa

Il mercato ha presentato il conto. L'Ance ha annunciato la drammatica caduta degli appalti pubblici. L'anno scorso il 70% in meno rispetto al 2007. Una sconfitta terribile per l'economia siciliana. La prova evidente dell'inefficienza della macchina pubblica. Una condanna alla povertà. Invece di investire in attività produttive come l'edilizia che fa da traino agli altri settori, in questi anni si è preferito alimentare il precariato. Finanziamenti che dovevano servire per irrobustire lo sviluppo sono state dispersi in mille rivoli improduttivi. Risorse gettate al vento per prolungare contratti a tempo che non hanno prodotto nulla. Non certo ricchezza e nemmeno occupazione. Ad aumentare è stato solo il deficit della Regione. Un'operazione che ha pregiudicato il motore sano dell'economia rappresentato dal sistema delle imprese private.
Una frenata cui si sono aggiunti i ritardi nei pagamenti. L'arretrato, per lavori già eseguiti e non ancora liquidati, ammonta a circa un miliardo. Una cifra imponente. La stretta creditizia l'ha resa insostenibile.
A rendere ancora più difficile la situazione contribuisce il taglio dei fondi statali. Il ministro Tremonti, per tenere in ordine i conti pubblici sta lesinando sulle spese. Alla Sicilia, secondo la denuncia dell'Ance, sono stati tolti tutti i fondi strutturali già assegnati per nuove infrastrutture, pari a 6 miliardi di euro. Non ci sono altre risorse per finanziare le 29 opere pubbliche già progettate e pronte da tempo per essere cantierate. Resta il sogno del Ponte di Messina per il quale sono a disposizione quattro miliardi. Con l'aria che tira è difficile scommettere sul rispetto dei tempi di costruzione. Sono stati fatti un po' di lavori di sbancamento. Per il momento è difficile pensare che le ruspe vadano più avanti.
Di fronte a questa realtà servirebbe una grande mobilitazione. A livello nazionale, certamente, ma prima di tutto locale. Invece le forze politiche preferiscono proseguire secondo antiche usanze. Vale a dire creare stipendi e non posti di lavoro. L'esperienza ha dimostrato che si tratta di una strada senza sbocco. Non a caso i dati sulla disoccupazione giovanile, forniti ieri dall'Istat sono drammatici. Il 20% dei giovani italiani non ha un lavoro e non pensa di trovarlo. In Sicilia il 25%: uno su quattro.

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