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Omicidio Di Matteo, Graviano: rispondo ma non collaboro

Il boss interrogato al processo per il sequestro e l’assassinio del piccolo. È accusato di essere uno dei mandanti

PALERMO. "Non sono un collaboratore, sono venuti dei pm a farmi delle domande e io ho risposto". In modo sibillino, non negando di essere un uomo d'onore, ma sostenendo di non poter parlare del suo ruolo in Cosa nostra, perché ci sono indagini in corso, il boss Giuseppe Graviano ha risposto alle domande di pm e difensori che lo hanno interrogato al processo per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo.         
Il capomafia, tirato in ballo dal pentito Gaspare Spatuzza, é accusato di essere tra i mandanti del rapimento del bambino  avvenuto il 23 novembre del '93 per indurre il padre, il collaboratore Santino Di Matteo, a ritrattare. Graviano, uno dei 4 imputati del processo, è stato citato dai suoi difensori.Al pm, alla Corte d'assise e ai legali di parte civile, che rappresentano la madre e il fratello della piccola vittima, il capomafia ha detto di avere avuto condanne per associazione mafiosa e di rispettarle, ma sul suo ruolo in Cosa nostra e sulla sua qualità di uomo d'onore ha sostenuto di non potere rispondere perché su questi argomenti ci sono indagini. Graviano si è più volte lamentato di non potere avere contatti con i suoi legali a causa delle restrizioni del 41 bis, ma è stato richiamato, sia durante l'esame, che durante le dichiarazioni spontanee, dai giudici ad attenersi all'oggetto del processo.  

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