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I precari e l’unanimità dei sindacati

Un coro unanime di proteste ha accolto la notizia, pubblicata ieri su queste colonne, che la Regione progetta la creazione di altri 8.400 precari. Una forma di assistenza alle fasce deboli della popolazione, spiegano all'assessorato.
Una decisione clientelare che non comprendo» risponde il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello. Eguale stupore arriva dai vertici della Cna. Allora una domanda: a chi servono davvero queste persone? Non certo al sistema economico che le ha già rifiutate. Casomai alla classe politica per alimentare le sue clientele. Il bando della Regione, infatti, finanzia con 6,5 milioni un sistema di stage di pochi mesi che dovrebbe sostenere il reddito dei beneficiari (500 euro al mese) e insegnare loro un mestiere.
Nella speranza magari che, cessato il tirocinio, ci sia spazio per qualcosa di più stabile. Peccato che le aziende, attraverso le loro organizzazioni di rappresentanza abbiano già fatto sapere di non essere interessate. E allora? Di che cosa stiamo parlando? Facile immaginare che, alla fine la soluzione sarà la solita: una sistemazione provvisoria in qualche amministrazione con la promessa, più o meno implicita, che anche per questi 8.400 privilegiati si aprirà, prima o poi, la strada del posto pubblico.
Una scelta talmente avvelenata che suscita anche la protesta dei sindacati. Cgil, Cisl e Uil, divisi su molti fronti, ritrovano l'unanimità nel condannare la sciagurata decisione della Regione. Miracoloso. E hanno un bel dire in Regione che non si tratta di precariato «ma di assistenza per offrire opportunità a chi in questo momento in Sicilia non ha un lavoro ed è in gravi difficoltà».
Un'affermazione che nel suo involontario candore, ha il pregio della verità. Riconosce, infatti, che ci troviamo di fronte ad una semplice sceneggiata. In questa storia non ci sono posti di lavoro vero né autentici stipendi. Solo elemosine. Unico titolo per ottenerle sarà la fedeltà elettorale al benefattore di turno. Il resto è un tappeto di illusioni. Perchè lo sviluppo è davvero un'altra cosa.

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