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Mafia, se la provincia diventa far west

L’hanno chiamata «the end». E vorremmo che, più che un auspicio, fosse una sentenza. Perché l’operazione che ieri è tornata a decapitare i vertici della mafia di Partinico conferma che l’azione militare dello Stato nella guerra contro le cosche sta continuando ormai da anni a dare frutti concreti. Ma proprio questo aspetto, d’altro canto, deve far riflettere: la battaglia sul campo, quella delle sirene spiegate e delle manette, rischia di tramutarsi in un eterno déjà vu, se contemporaneamente non si mette in moto un meccanismo di moralizzazione che deve tracimare dall’azione investigativa e spandersi sulla gestione politica e imprenditoriale di un territorio.
In particolare nel Partinicese, il far west della provincia palermitana, oggi l'enclave più esposta del potere mafioso. Quella di un gattopardesco cambiare tutto per non cambiare nulla. Perché silenzi e connivenze hanno negli ultimi anni consentito di passare da una faida familiare a un riappacificamento che ha riportato al comando della zona la famiglia Vitale. Col padre Vito ergastolano, il potere è passato nelle mani dei giovani figli Leonardo e Giovanni, in una sorta di saga dei «Fardazza», a cui un intero paese ha assistito impotente, quando non complice. Ed è dunque questo il punto su cui vale la pena soffermasi: nei giorni scorsi, con Partinico arroventata da continui atti intimidatori, prima il procuratore Messineo e poi le stesse organizzazioni imprenditoriali siciliane avevano additato il rumoroso silenzio del tessuto produttivo locale: non una denuncia contro i colonnelli del pizzo, non un solo urlo di dissenso contro un potere criminale che stava violentemente riaffermando il proprio predominio. L'azione di inquirenti e forze dell'ordine è proseguita - com'è giusto che sia - sotto traccia, nascosta dietro le più o meno sincere dissociazioni di facciata e i più o meno sentiti cortei di piazza. E ha prodotto un grande risultato. Ora però Partinico, su cui anche questo giornale ha voluto fortemente puntare i riflettori per sollecitarne un rigurgito di orgoglio e legalità, deve non rendere vana questa nuova azione di forza. Scriva la parola fine a un giogo che ne ha zavorrato lo sviluppo. O altrimenti quel «the end» rimarrà solo l'ennesimo nome di un'ennesima - e purtroppo non risolutiva - azione militare.

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