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Fli fuori dal Governo, Napolitano convoca Fini e Schifani

Il capo dello Stato ha convocato al Quirinale i presidenti di Camera e Senato per discutere della delicata situazione politica creata dalle incomponibili divergenze della maggioranza, e di come scongiurare il rischio che la crisi di governo possa impedire al Parlamento di approvare entro dicembre il bilancio dello Stato

ROMA. Dopo una settimana di moniti, avvertimenti ed esortazioni, nel giorno in cui Futuro e Libertà e l'Mpa hanno ritirato i ministri e sottosegretari dal governo, Giorgio Napolitano è entrato in campo direttamente convocando al Quirinale Renato Schifani e Gianfranco Fini.    Il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere - I vertici del cosiddetto "triangolo istituzionale" - esamineranno la delicata situazione politica creata dalle incomponibili divergenze della maggioranza, dall'apertura di fatto di una crisi di governo da parte di Fli, e discuteranno di come scongiurare il rischio che la crisi di governo possa impedire al Parlamento di approvare entro dicembre il bilancio dello Stato, con gravi danni all'amministrazione pubblica, alla credibilità del paese  e al costo del debito pubblico in un momento di gravi difficoltà economiche.    Il capo dello Stato ritiene che comunque, nell'interesse del paese, bisogna rispettare quella scadenza.    


Napolitano non intende frenare o dilazionare la crisi. Lo ha spiegato nei giorni scorsi a tutti i suoi interlocutori. Ma neppure sembra disposto ad assistere passivamente a scontri e contrapposizioni frontali che potrebbero produrre gravi danni. Perciò ha invocato il senso di responsabilità nazionale delle forze politiche. Sabato sembrava fatta e il Quirinale aveva sottolineato con soddisfazione un consenso generale, una ampia "sintonia" fra governo e opposizioni su questo punto. Ma in realtà le tensioni non si erano placate. Si è visto quando è proseguita la "guerra delle mozioni". La maggioranza ha messo in campo una mozione di fiducia al governo Belrusconi, chiedendo di votarla al più presto al Senato, il ramo del Parlamento in cui il governo avrebbe un consenso pressoché certo. L'opposizione (Pd-Idv) ha reagito presentando una mozione di sfiducia alla Camera, dove la fronda finiana e dell'Mpa fa pendere la bilancia contro il governo.     Domani, sia al Senato che alla Camera, i capigruppo avrebbero dovuto decidere quando mettere in discussione l'una e l'altra. La richiesta di Napolitano ai presidenti delle Camere, di incontrarsi per discutere di queste e di altre questioni al Quirinale, ha fatto rinviare le riunioni.    Sembra evidente che il capo dello Stato voglia impegnare solennemente i due presidenti, che ormai si trovano su sponde politiche opposte, affinché organizzino i lavori parlamentari in modo da rispettare la scadenza "inderogabile" dell'approvazione della legge di bilancio. Non sarebbe una novità perché così "d'altronde ci si regolò analogamente nelle vicende di fine anno 1994", ha fatto osservare Napolitano.    


In effetti quell'anno, in una situazione analoga ma non uguale (alcuni partiti chiedevano le dimissioni del governo a seguito dell'avviso di garanzia al presidente del Consiglio Berlusconi, ma non erano state  presentate mozioni di sfiducia) il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, il 23 novembre, riunì al Colle i presidenti di Camera e Senato, diffuse una nota che tagliò la testa al toro. "Il Capo dello Stato e i Presidenti delle due Camere - si leggeva in quella nota - si attendono una  serena prosecuzione in Senato della discussione dei documenti di bilancio, indispensabili per la vita dello Stato, in vista della loro definitiva approvazione nei termini stabiliti dalla Costituzione".  La sfiducia al governo Berlusconi fu votata il 21 dicembre, dopo la finanziaria. Anche stavolta il calcolo dei tempi potrebbe portare verso quella soglia natalizia.

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