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La mano della mafia colpisce la provincia

A Partinico l’escalation di attentati è tale che ieri perfino il rogo di una vecchia casa nel centro storico in cui vive un’anziana indigente ha per qualche ora allungato nuove ombre. In una città dove i possibili affari attorno alla imminente nascita di un grosso centro commerciale sembrano incendiare il clima e - letteralmente - non solo quello. A Salemi, a Licata, a Niscemi, a Villagrazia di Carini le cronache raccontano di intimidazioni a politici, militari, associazioni, «colpevoli» di amministrare, controllare, denunciare.
È questo il prezzo che si paga ai successi conseguiti negli ultimi mesi nell’infinita crociata contro il malaffare in salsa sicula? Da tempo sosteniamo e sottolineiamo gli eloquenti risultati raccolti da inquirenti e forze dell’ordine. Quegli stessi risultati che hanno portato molti commercianti a ribellarsi finalmente al racket, che da tempo hanno spazzato la tipologia «omicidio di mafia» dai bollettini palermitani e che hanno indotto lo stesso procuratore Francesco Messineo a evidenziare come nel capoluogo non esistono più grandi latitanti cui dare la caccia. E però proprio tutto ciò non deve indurre ad abbassare la guardia. Il radicale e costante controllo del territorio non deve risparmiare i centri che gravitano attorno alle città e dove spesso è più facile muoversi provando a scansare i fari dell’attenzione investigativa e mediatica. E di controllo prettamente fisico stiamo parlando: vanno adeguate le forze, certo. Un diverso uso dell’Esercito, per esempio. Che è risorsa preziosa nella lotta al crimine. Anche quando quest’ultimo non impugna le armi, ma appicca incendi e lancia sinistri messaggi, neanche tanto criptati.

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