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Cacopardo-Camillei, la polemica finisce in tribunale

Oggetto del contendere, il volume "Il nipote del Negus" dove il padre di Montalbano ha creato un personaggio con lo stesso cognome del magistrato-scrittore

PALERMO. Finiranno in aula il 16 novembre, nel frattempo si scambiano affettuose amenità via avvocati. Che tra Andrea Camilleri e Domenico Cacopardo non fosse mai corso buon sangue, è cosa risaputa, ma che addirittura uno si sentisse diffamato dall'altro, beh, è un po' troppo. Eppure è successo: i due scrittori, siciliano autentico l'uno, siciliano innamorato l'altro, si fronteggiano a colpi di libri, anzi di frasi contenute nei libri. E finiscono in tribunale.
Oggetto del contendere, il volume «Il nipote del Negus» (pubblicato da Sellerio anche in versione audiolibro, con la voce dello stesso Camilleri) dove Camilleri ha creato il personaggio di Aristide Cacopardo, controllore di biglietti sulla linea ferroviaria Palermo-Vigata in pieno ventennio fascista. E fin qui, nulla di male. Il problema è che l'Aristide Cacopardo di cui sopra, «risulta persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese) - scrive Camilleri a pagina 88 del romanzo che precede l'ultimo «Il sorriso di Angelica» - contraddiceva nel modo più assoluto la rocambolesca versione fornita dal Principe al Direttore della Scuola Mineraria». Domenico Cacopardo - e non Augusto, suo cugino, che invece pubblica proprio con Sellerio - si è quindi sentito diffamato dalla frase camilleriana e ha chiesto il sequestro del romanzo, pubblicato a marzo. Nato a Letojanni, magistrato del Consiglio di Stato in pensione e da anni residente a Parma, Cacopardo è convinto che «Camilleri mi vuol diffamare, bisogna sospendere le pubblicazioni». Secondo il suo legale Giovanni Franchi, intervistato sul caso dalla Gazzetta di Parma, il controllore di biglietti citato sarebbe, negli intenti di Camilleri, proprio Domenico.
«Anche secondo la giurisprudenza non è necessario che il nome altrui venga usurpato nella sua interezza per ottenere l'inibitoria - ha spiegato l'avvocato -. In questo caso il cognome è stato integralmente usurpato, anche se il nome è differente il riferimento è chiaro. Quale scrittore - spiega Franchi - non viene danneggiato dal fatto che un altro, e forse ancora più famoso, scrive di lui che paga per veder pubblicati i propri romanzi?».
Insomma Camilleri avrebbe trovato il modo, e neanche tanto nascosto, per infangare il buon nome del collega. Dal canto suo, il «papà» del commissario Montalbano non ha alcuna intenzione di rispondere. Anzi, non vuole essere disturbato per un caso simile.
Nel frattempo i due continuano a lavorare, uno nella sua Roma, l'altro nella diletta Parma. Camilleri ha appena mandato in stampa il nuovo «Il sorriso di Angelica» - già al primo posto nelle classifiche delle librerie italiane - e ha già consegnato altre quattro avventure del commissario di Vigata alla Sellerio, oltre ad innumerevoli romanzi storici, Cacopardo sta promuovendo in questi giorni proprio in Sicilia - il 5 novembre a Paternò, il 6 a Motta Sant'Anastasia e il 5 dicembre a Catania - «Agrò e la deliziosa vedova Carpino», ultimo nato della serie del sostituto procuratore Italo Agrò, pubblicato da Marsilio/Le farfalle.
È la prima inchiesta del giovane magistrato alle prese con uno strano omicidio, agli inizi degli anni Novanta, durante una vacanza natalizia a Sant'Alessio. A febbraio sarà in libreria il nuovo romanzo «Il verso dell'innocenza».

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