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Indagati? Per alcuni protettivo silenzio

Strane cose possono accadere nel misterioso congegno, fatto di fragori, boatos, e chiacchiericci che alimenta il circo, più che circuito, giudiziario-mediatico. Può perfino succedere che su qualche fortunato possa scendere, chissà perché, un protettivo silenzio, una pioggia di ovatta che tutto attutisce e nasconde.
Prendete il caso del presidente della Camera Gianfranco Fini inciampato negli scalini di una casa a Montecarlo: è stato indagato per giorni, ma nessuno l'ha saputo fino a quando ieri la procura della Repubblica di Roma ha chiesto per lui l'archiviazione. È una prova di civiltà, un cittadino è stato protetto dalla gogna pre-processuale dal silenzio degli inquirenti e dall'ignoranza insolita dei cronisti che normalmente sanno tutto. E che questa volta hanno bucato la notizia perché tutti si affannavano a dire che Gianfranco Fini non era indagato.
Basta, l'importante è che la legge e il rispetto del cittadino sotto inchiesta siano stati osservati: nessuno, nemmeno il presidente della Camera, può essere sbranato prima dei tempi previsti dai pubblici dibattimenti.
Tutto bene, dunque? Gli uffici giudiziari si ravvedono e tengono nel debito conto i diritti dei cittadini?.
Forse che sì, forse che no. Il silenzio legittimo che è stato riservato a Gianfranco Fini, è stato negato, ad esempio, a Paolo Berlusconi per l'affaire Fassino - Consorte, per la registrazione ("abbiamo una banca") che secondo la pubblica accusa sarebbe stata consegnata all'editore de "il Giornale".
Accusa tutta da dimostrare, ma intanto Paolo Berlusconi, fratello del Cavaliere che sappiamo, comincia ad essere crocifisso, premiato da titoli odiosi in prima pagina, alla faccia della riservatezza che dovrebbe coprire la prima fase delle indagini.
Si tace o si strombazza, a seconda degli umori dei giaguari che occupano certe procure. Il pasto delle belve è mutevole, la tenuta dei segreti è aleatoria, ma non c'è dubbio che la prima fonte di fuga delle notizie stia proprio negli uffici giudiziari. Eppure non ci sono mai o quasi mai magistrati indagati, si prende di petto un Berlusconi al quale si contesta la violazione del segreto d'ufficio.
Finalmente. Sono anni che in questo Paese quasi mai si rispetta il segreto istruttorio, ma adesso abbiamo finalmente un colpevole: con un poco di pazienza gli si potranno addebitare anche le violazioni di antichi segreti squadernati.
I cittadini osservano, non senza preoccupazione. Forse non tutti colgono le finezze tecnico giuridiche di una procedura lontana, ma tanti avvertono la differenza di trattamento e si chiedono perché questo nostro Paese debba essere così anormale.
Molti politici sostengono la necessità di una riforma della giustizia e avanzano argomenti tecnico giuridici di indubbia efficacia. Tuttavia la maggioranza dei cittadini, senza intendersi di commi e pandette, avverte che questo sistema non regge più rispetto alle esigenze di un Paese avanzato più del suo ordine giudiziario. E non accetta che lo stesso sistema sia diseguale, a volte incerto, a volte inutilmente duro.
La giustizia così com'è non piace e non dà agli italiani l'impressione di rendere il servizio cui hanno indubbiamente diritto. Che gli indiziati siano palesi od occulti, è chiaro che il sistema così non va e non è degno di una democrazia più salda di quanto non si pensi.

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