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Una tranquilla mattinata col Papa

Un cronista fra la folla per raggiungere il Foro Italico. In coda con i pellegrini che hanno raggiunto Palermo da tutta la Sicilia per assistere alla messa di Benedetto XVI. Ecco com’è andata

PALERMO. La tranquilla mattinata con il Papa inizia con un cielo talmente limpido da togliere il fiato. Non una nuvola in cielo nemmeno a pagarla, con un gioco di luci nelle primissime ore dopo l’alba che affascinano e rasserenano la folla, con il fratello sole che promette di essere compagno fedele per tutto il giorno. A prima vista sembra essere una delle tante domeniche di ottobre per le strade: se non fosse per le transenne e per le migliaia di volontari e uomini delle forze dell’Ordine (una volta tanto con la O maiuscola), piazza Castelnuovo sarebbe sempre la stessa. Non c’è molta folla in via Ruggiero Settimo, passando per via Maqueda e sfiorando il teatro Massimo: persone che si allenano correndo o in bicicletta, gente normale che sembra passeggiare.



Una tranquilla mattinata, appunto, come se niente fosse. Arrivati in corso Vittorio Emanuele tutto cambia: inizia la fila, ordinata. Non si può camminare per la strada, solo sui marciapiedi, bloccati dalle transenne che regolano il flusso della folla e creano qualche mugugno e imprecazione, vedendo l’asfalto libero al tuo fianco. Arrivati all’incrocio con la via Roma, sembra di essere in fila in un qualsiasi lunedì in viale Regione Siciliana, con la differenza che sei a piedi e non sulla tua auto. Le vecchie tradizioni non si dimenticano mai e qualcuno cerca subito di fare il furbo, mostrando disagi fisici, bambini in braccio, pass inesistenti. Tutto pur di velocizzare la camminata e arrivare così al Foro Italico. A piazza Marina arriva la folla, quella oceanica che ti aspetti. Qualcuno perde il senso dell’orientamento, guarda la cartina e non si rende ben conto di dove si trova.



“Scusi, ma dov’è il Foro Romano?”, chiede una coppia, evidentemente non di Palermo. Li guardano stranissimi, li invitano ad andare nella Capitale, qualcuno li corregge ridendo. Una guida turistica, evidentemente non molto informata, grida ad un gruppo nutrito, minuti di striscione, cartellone e bandierine, che “la messa con il Santo Padre è prevista alle pendici di Monte Pellegrino intorno alle 10.30”. Qualcuno, fidandosi ciecamente, casca nell’involontario tranello e si dirige verso la montagna dei palermitani. Li guardi camminare con inesauribile pazienza, sperando che si rendano conto da soli che non è quella la via, per passare la tranquilla mattinata col Papa.



Tutto sembra procedere con un ordine e con una puntualità che dalle nostre parti, in un qualsiasi giorno di un qualsiasi mese di un qualsiasi anno, si può solo sognare. Acqua e aiuto per tutti, informazioni precise, niente risse e file agli ingressi dei settori, sedici in tutto. “Talè talè, u Papa fa davvero miracoli. E quando mai Palermo è stata così arriggiuta?”, grida un signore. Chi non è così fortunato da avere un pass per i settori con posti numerati con tanto di sedia (autorità, giornalisti, vescovi, amici e parenti di politici e compagnia bella), prende posto nel prato del Foro Italico. Qualcuno trema al pensiero di cosa sarà domani, quell’erba che adesso sembra quasi più verde del solito. Suggestione, probabilmente. Più avanti si vedrà.



Sono quasi le 10 e il Papa è atterrato al Falcone Borsellino. La febbre per vedere il Santo Padre sale ogni minuto di più. Il foro Italico (non romano) è semplicemente stupendo. Fa quasi rabbia, pensando a cos'è ogni giorno di ogni settimana di ogni mese di ogni anno. Il mare fa da cornice al “palco delle polemiche”, come l’ha chiamato qualcuno, un gioiellino costato mezzo e più milione di euro, tra amplificazione e il resto. Lo spettacolo è notevole, con l’acqua che sembra molto più azzurra del solito. Ci sono anche le barche a vela, sembra di essere a Montecarlo. Sul prato ognuno racconta la propria storia alla domanda: Perché è venuto a vedere il Papa?.



 “L’anno scorso ero andato a Roma, volevo vedere l’Angelus ma quel giorno stesso mia figlia ha avuto un brutto incidente con la macchina – dice Roberto Ferri, da un paesino in provincia di Enna – in quei momenti terribili mi sono rivolto a lui con la preghiera. Tutto è finito bene, e ho giurato a me stesso che lo avrei ringraziato, anche se non di persona. Sono qui per questo, per dirgli grazie di avermi donato la gioia di vivere ancora con mia figlia”. Ci sono anche storie più semplici, come quella di una coppia di vecchietti che hanno sulle spalle una canadese dove hanno passato la notte: “Siamo andati a vedere Papa Woytila nel 1993 alla valle dei Templi e nel 1995 allo stadio. Non potevamo mancare stavolta, anche se sono passati tanti anni. Vedere il Papa ci dà una sensazione di serenità”. Ci sono anche ragazzi e non che sono qui per passare una mattinata e una domenica diversa, tranquilla e serena: “Magari chi lo sa, riusciamo anche a rimorchiare”, dice Christian, 17 anni, capelli lunghi e occhiali rossi, che ci confessa di avere già qualche obiettivo in mente.



Dal microfono una voce prega di fare e di rispettare il silenzio durante la celebrazione, annunciando che da lì a pochi minuti il Santo Padre sarebbe “stato tra noi”. I maxischermi iniziano a fare vedere la Papamobile farsi strada tra le ali di folla, con Ratzinger sorridente che saluta. Appena scende, migliaia di bandierine bianche e gialle sventolano e partono cori da stadio. Urla e grida, come fosse una rockstar. Qualcuno fa partire anche un “popopopopo”, di mondiale memoria (2006). In mezzo a tutta questa folla, una bambina vestita di bianco è seduta all’ombra e mangia i crackers, incurante del putiferio che le si è scatenato. Appena sceso dal suo mezzo, Benedetto XVI è circondato da preti e vescovi, la sua gente. Qualcuno lo aiuta pacatamente e quasi invisibilmente a salire la rampa. Si siede, ascolta i discorsi di Cammarata e Monsignor Romeo, uniti nel nome di Don Pino Puglisi. Quando il prete di Brancaccio è nominato, parte subito un applauso. Il Santo Padre ascolta, ringrazia, accetta i doni e ricambia. Fratello sole si fa sempre più forte, e un enorme ombrello bianco dalla forma strana (sembra quasi un prototipo sconosciuto a noi umani) ripara il capo bianco del Santo Padre.



C’è chi piange dalla commozione, c’è chi non regge all’emozione e sviene. C’è semplicemente chi ascolta e apprezza, chi più chi meno, il discorso del Pontefice. Sobrio, senza i picchi emozionali del "Convertitevi" del suo predecessore ad Agrigento. In tribuna stampa (anche se non siamo allo stadio...) arriva in anticipo, l'omelia, con una scritta minacciosa e nera, un bollino nell'angolo alto: "Embargo, da divulgare solo dopo il discorso". Un avvertimento bello e buono. Ti chiedi cosa potrebbe succedere in caso di ribellione. Meglio non pensarci.


La messa scivola via in latino, con il coro impeccabile che con le sue voci maestosi riempie l'aria di maria. L'incipit del primo canto ricorda l'attacco dell'inno di Forza Italia. Qualcuno fischietta ridendo lo fa notare. Ll’omelia di Ratzinger è fermata dagli applausi quando anche lui ricorda Don Pino Puglisi. Tutti resistono sotto il fratello sole, qualcuno non ce la fa e viene portato via per la troppa fatica. Uno dei vecchietti con la canadese sviene, l’altro non molla ma alla fine cede: lo coprono con una copertina bianca perché sente freddo, ma alla fine si riprende e si alza. Giusto per vedere la fine di questa tranquilla mattinata con il Papa, che saluta tutti e si dirige verso la sua vettura. Si gira verso la folle con un sorriso grande così e ride. Un po’ come quella bambina che mangiava i crackers, che batte sulla spalla di chiunque chiedendo “Ma quel signore vestito di bianca è il Papa?”. La alzano e glielo fanno vedere. E sorride.

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