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Schifani indagato per mafia? La procura dice di no

L'ipotesi di concorso in associazione con Cosa nostra avanzata dal settimanale l'Espresso è stata subito smentita dal procuratore capo di Palermo Francesco Messineo: "Il presidente del Senato - ha detto - non è iscritto nel registro delle notizie di reato"

PALERMO. Il settimanale L'Espresso sostiene che il presidente del Senato Renato Schifani è indagato dalla Dda di Palermo per concorso in associazione mafiosa. Dopo una breve riunione con un gruppo di sostituti, a fine mattinata, arriva la smentita del capo della Procura Francesco Messineo. "Il nome del presidente del Senato - dice - non è iscritto nel registro delle notizie di reato di questa Procura".    
Una smentita a cui la direzione del periodico replica con un comunicato nel quale si ribadisce l'apertura di un fascicolo sulla seconda carica dello Stato. Il diretto interessato affida il suo commento a una nota secca in cui si parla di "accuse ripetute, infami e false, destituite di qualsiasi fondamento". "Ritengo comunque doveroso affermare con forza - prosegue il comunicato - che sono un cittadino e un politico onesto che ha sempre combattuto la mafia con fatti e atti legislativi concreti, che hanno consentito allo Stato importanti successi nella lotta alla criminalità organizzata. Considero e ho sempre considerato la trasparenza, la correttezza umana, deontologica e professionale i principi irrinunciabili della mia esistenza".     
La notizia della pubblicazione da parte del settimanale della presunta inchiesta sul presidente del Senato viene accolta da una pioggia di reazioni: a Schifani giungono solidarietà di esponenti politici di destra e di sinistra, oltre che del presidente della Camera Gianfranco Fini che gli telefona personalmente. Di "gogna mediatica" e "vile attacco" parla il Pdl, ma anche il Pd, attraverso il senatore Vannino Chiti, si schiera a fianco del presidente del Senato. E a Palazzo Madama i senatori della maggioranza si alzano per applaudirlo. Gli unici a parlare di "domande senza risposta" sui rapporti tra Schifani con "personaggi e ambienti riconosciuti mafiosi" sono i parlamentari dell'Idv.
Nell'articolo de L'Espresso, che definisce l'inchiesta "un atto dovuto", si ricordano le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sui rapporti tra il presidente del Senato e l'imprenditore indiziato di mafia Giuseppe Cosenza, assistito dall'allora avvocato amministrativista Schifani. Alla Dia - le rivelazioni sono finite agli atti del processo d'appello al senatore Marcello dell'Utri - l'aspirante collaboratore di giustizia aveva raccontato: "Filippo Graviano (il boss di Brancaccio di cui era fedele guardaspalle n.d.r.) utilizzava talvolta l'azienda Valtras di Cosenza, dove lavoravo, come luogo di incontri congiunti. La cosa mi fu confermata dal Graviano a Tolmezzo (il carcere n.d.r.), allorquando commentando questi incontri Graviano mi diceva che l'avvocato del Cosenza, che anche io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l'attuale presidente del senato Schifani".   Spatuzza è stato nuovamente sentito dai pm di Palermo e, secondo indiscrezioni, avrebbe sfumato ulteriormente le dichiarazioni rese alla Dia definendo certe valutazioni come "sue deduzioni". Ma secondo il settimanale, le rivelazioni dell'aspirante collaboratore non sarebbero l'unico input dell'inchiesta, che avrebbe preso spunto anche dall'esposto di un altro pentito, Francesco Campanella, l'uomo che fornì al boss Provenzano la carta di identità per il viaggio a Marsiglia durante la latitanza. Tutti elementi che, secondo L'Espresso, sarebbero confluiti nell'indagine, negata decisamente dal procuratore Messineo.

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