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L'illogico mercato della benzina

Uno sciopero a difesa di cartelli, cartelloni e carte bollate. I benzinai per tre giorni metteranno il lucchetto ai loro distributori. In tutta Italia a partire da domani. In Sicilia già da oggi. Quello che sta per iniziare è uno sciopero contro le liberalizzazioni. È una protesta che difende gli interessi dei gestori contro gli automobilisti. Già si è visto il prologo: all'avvicinarsi dello stop la verde ha superato di slancio la soglia di 1,4 euro. Un aumento del tutto ingiustificato. Molti distributori, evidentemente, hanno deciso di giocare la carta della speculazione. Gli automobilisti, nel timore di restare a secco, si stanno precipitando a fare il pieno. Quale migliore occasione per dare un ritocco al cartellino e portarsi a casa un guadagno aggiuntivo? Così, tanto per compensare un po' delle perdite di tre giorni a braccia incrociate.



Già basterebbe queste premessa per capire la natura della protesta. Lo stop serve a bloccare la riforma che servirebbe ad avvicinare il nostro Paese al resto d'Europa. Da noi sembra quasi un lusso far colazione, comprare giornale, sigarette e fare il pieno in un unico esercizio commerciale, per altro quasi sempre a portata di mano, data la capillarità della rete italiana di distribuzione di carburanti. Altrove è la regola.
La rimozione di illogiche restrizioni al libero commercio è nell'interesse degli stessi gestori. Se solo lo capissero. Il numero di impianti è elevato: 22.800 stazioni in tutta Italia, circa il doppio del Regno Unito. La quantità media di carburante venduto per impianto è inferiore del 37% rispetto al dato europeo. Il confronto con l'estero è ancor più impietoso se si guarda al commercio di prodotti non oil. Da questo segmento le stazioni di benzina di paesi come la Francia, la Germania e il Regno Unito traggono il 30% dei ricavi. In Italia appena il 3%.



Le difficoltà provocate da una rete così fitta si riversano sui consumatori, costretti a pagare di più il pieno di benzina. Una via d'uscita è senz'altro rappresentata dalla liberalizzazione della vendita di giornali, tabacchi e bevande nelle stazioni di servizio. Dove ciò è consentito, gli utenti possono approfittare di offerte e condizioni più vantaggiose.
Certo quasi il 60% del prezzo dei carburanti è determinata dal carico fiscale. Se però la riduzione delle imposte è una misura tanto auspicabile quanto relegata alla sfera delle illusioni, la liberalizzazione può dare una mano al settore e ai consumatori. La riforma del 2007 favoriva il collegamento tra distribuzione di benzina e grande distribuzione nella convinzione che portare la pompa al supermercato porta benefici al consumatore. Lo stesso può dirsi portando gli scaffali del supermercato alla pompa. Sembrava semplice ma il terreno è stato cosparso di tanti ostacoli da renderlo impraticabile.



Altri vantaggi per gli automobilisti verrebbero dalla rimozione dei vincoli e dei limiti al self service. In Italia il servizio automatizzato è in ritardo e anche questo incide sui prezzi. Per essere precisi: su 3,5 centesimi al litro di differenza tra il costo della benzina in Italia e all'estero, il mancato sviluppo del self service incide per 1,1 centesimi. La scarsa flessibilità commerciale per un ulteriore ammontare di pari misura. Il combinato disposto della liberalizzazione del segmento non oil e del self service farebbe risparmiare qualche euro per ogni pieno di benzina. Senza contare che la mattina ci affanneremmo un po' meno per prendere un caffè e comprare giornali e sigarette. I gestori, però, non sono d'accordo.

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