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Mitragliate al peschereccio mazarese: militari italiani coi libici

Il Viminale ha aperto un'inchiesta. A bordo dell'unità nordafricana c'erano membri della Guardia di finanza, con funzioni di osservatori

PALERMO. I fari puntati illuminano all'improvviso il motopesca "Ariete", dalla motovedetta battente bandiera libica parte l'avvertimento a consegnarsi, ma l'equipaggio del peschereccio di Mazara del Vallo dà forza ai motori, teme un sequestro, come avvenuto in passato per altre imbarcazioni siciliane. I libici allora vanno all'inseguimento e sparano: uno, due, tre raffiche di mitraglia. Sembra la scena di un film, invece è quanto è accaduto ieri, intorno alle 22 al largo delle coste nordafricane.    
A bordo dell'unità libica, si scoprirà dopo, c'erano anche alcuni militari italiani della Guardia di Finanza (a quanto pare due), con sole funzioni di osservatori e consulenti tecnici. La motovedetta, infatti, è una delle sei unità delle Fiamme Gialle che il governo ha donato al leader Muammar Gheddafi nell'ambito degli accordi di amicizia per fermare l'immigrazione clandestina. Ma le regole d'ingaggio previste dall'accordo vanno ora "chiarite e integrate", ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, mentre il responsabile del Viminale, Roberto Maroni, ha aperto un'inchiesta sui fatti.     
La Farnesina, su indicazione di Frattini, ha attivato "l'ambasciata d'Italia a Tripoli per acquisire, in raccordo con le competenti autorità libiche, dettagliati elementi sulla vicenda e per accertare l'esatta dinamica dei fatti, alla luce dello stretto rapporto di collaborazione fra i due Paesi". "Certamente - ha detto - vi era un militare della Guardia di Finanza e personale tecnico della gdf, questo è stabilito dall'accordo originario italo-libico firmato nel 2007 dal governo Prodi e poi integrato dal ministro Maroni nel 2009".    
"Quegli accordi sin dal primo giorno stabiliscono che il comando è ovviamente degli ufficiali libici. I nostri uomini - ha assicurato - non hanno minimamente preso parte, come è ovvio, all'operazione".     
Intanto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha disposto un'inchiesta per accertare se nella vicenda emerga un'utilizzazione dei mezzi donati dall'Italia per potenziare il contrasto all'immigrazione clandestina "non coerente" con le previsioni del Trattato firmato nel 2007 dall'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato.     Tutte e sei le motovedette consegnate dall'Italia a Gheddafi battono bandiera libica e sono a tutti gli effetti mezzi navali del paese nordafricano, anche se possono avere militari italiani a bordo: l'accordo prevede infatti che per un periodo uomini della Guardia di Finanza svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici. Le unità, inoltre, sono state consegnate senza le armi di bordo e per questo non si esclude che i libici possano aver fatto fuoco con le armi della loro dotazione personale.    
La sparatoria, per fortuna, non ha avuto conseguenze sul personale imbarcato, che è riuscito a evitare l'abbordaggio. Il peschereccio d'altura di 32 metri con dieci uomini d'equipaggio, ha proseguito la navigazione verso il porto di Lampedusa, dove è giunto stamani. Secondo quanto ha riferito il capitano Gaspare Marrone l'assalto sarebbe avvenuto a circa 30 miglia dalle coste libiche, al confine con la Tunisia, all'interno del Golfo della Sirte. Una zona che le autorità di Tripoli, nonostante le norme del diritto marittimo internazionale, continuano a considerare di propria esclusiva competenza. I colpi di mitraglia hanno sforacchiato la fiancata del motopesca, un gommone utilizzato come tender e colpito alcune bombole contenenti gas.   I colpi di mitraglia contro il motopesca "Ariete" sono solo l'ultimo episodio di una lunga "guerra" che si combatte tra i pescatori mazaresi e la Libia. Gheddafi rivendica infatti la propria giurisdizione all'interno di tutto il Golfo della Sirte, ben oltre dunque il limite delle acque territoriali sancito dal diritto marittimo internazionale che parla di 12 miglia, come avviene per l'Italia, che possono essere estese fino ad un'area "contigua" di 24 miglia. Le stesse norme, tuttavia, fanno riferimento alla possibilità di un'area di "sfruttamento economico" fino a 200 miglia dalla coste, che deve però essere riconosciuta dalla comunità internazionale.    
Il Pd, attraverso la coordinatrice delle commissioni istituzionali del gruppo alla Camera, Sesa Amici, ha chiesto al governo di riferire in aula "e chiarire tutti gli aspetti dell'accordo siglato con la Libia". Per il senatore dell'Idv Stefano Pedica, che invita il ministro Frattini a "riferire in aula, "il trattato d'amicizia Italia-Libia è stato sottoscritto solo per tutelare gli affari personali di due dittatori". "Il governo italiano - dice Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci - sospenda l'accordo con la Libia".

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