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In Sicilia giudici lasciati da soli

Il primato negativo di Enna è paradossale e desolante: da oggi, a svolgere le funzioni della pubblica accusa, resterà soltanto il procuratore, Calogero Ferrotti. Nessun sostituto, nessun aiuto, una preoccupante solitudine.
Siamo certi che il dottor Ferrotti farà molto di più di quanto richieda la normale concezione del dovere, ma un solo soldato, per quanto valoroso e capace, non può dare mai l'impressione di essere un esercito. Pur mettendo in conto l'iperattività dell'unico combattente, l'attività giudiziaria ad Enna sarà certamente rallentata e questo non aiuterà a smaltire gli arretrati di cui tutti gli uffici giudiziari si fregiano.
I rinforzi non arriveranno priima di marzo, quando nella cittadella assediata dai fascicoli, saranno paracadutati tre sostituti procuratori di prima nomina, cioè appena usciti dal concorso. Di regola gli uditori giudiziari non potrebbero lavorare subito in procura, ma l'emergenza è tale da far saltare anche le regole.
Non c'è nessun'altra procura italiana nelle condizioni dell'ufficio di Enna, ma l'inadeguatezza degli organici delle procure si riscontra in tutta la Sicilia, da Palermo a Ragusa, da Messina a Catania. Occorreranno mesi perché con rimedi provvisori, compreso il ricorso agli uditori giudiziari, si tenterà di far apparire meno pesante un bilancio che impensierisce tutti.
Nelle altre regioni italiane la situazione non cambia. I vuoti nell'esercito della legge sono evidenti, anche se è comprensibile che l'apparato a difesa della legalità deve apparire oltre che essere forte e invece gli uffici del pubblico ministero sono come ridotte disseminate con scarse guarnigioni, nel deserto della criminalità diffusa.
Di fronte a questa situazione appaiono di fatto senza senso i dibattiti e gli scontri sulla riforma della giustizia e sul "processo breve". La corte europea continuerà a condannare il nostro Paese per gli inaccettabili ritardi con cui viene resa giustizia ai cittadini.
Chiunque comprende che la grande malata, la giustizia, non può restare in questo stato. A questa constatazione segue la polemica fra chi addossa le responsabilità ai governi e all'inadeguatezza dei fondi impiegati e chi condanna, senza appello l'organo di autogoverno della magistratura.
Certo, non si nuota nell'oro, il controllo dei conti pubblici non può prevedere erogazioni straordinarie di rilevante misura, ma bisognerà pur discutere dei criteri con cui il Consiglio superiore della magistratura gestisce e bilancia trasferimenti e nuove assegnazioni. Si dovrà porre realisticamente il problema delle "sedi disagiate", disponendo le forze nei punti in cui sono richieste.
E c'è il problema dei concorsi. Spesso l'ordine giudiziario dà l'impressione di atteggiarsi a corporazione restia ad allargarsi. E anche per i concorsi c'è il problema dei tempi troppo lunghi. Anche se va ricordato che Francia e Inghilterra hanno più o meno lo stesso numero di magistrati dell'Italia. Tutti questi aspetti del problema giustizia dovranno essere rivisti tenendo presenti gli interessi dei cittadini, quei cittadini che oggi devono aspettare anni e anni per sapere se siano innocenti o colpevoli, o per ottenere il risarcimento di un danno subito o di un credito non onorato.
Di là delle alchimie della politica, questo è un problema che in tanti avvertono, un segno, fra altri, della mancata modernizzazione del Paese.

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