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L'opinione pubblica non abbassi la guardia sull'Iran

L’unico motivo per cui finora non è stata uccisa è perché è in atto una campagna internazionale per salvare la vita di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la giovane donna iraniana condannata a morte per lapidazione.
L'accusa è quella di adulterio che, secondo la Sharia, è punibile con la lapidazione. L'altra accusa, quella di complicità nell'assassinio del marito (ucciso dall'amante della donna), non è mai stata provata. Per quanto riguarda la lapidazione più volte, in occasione di campagne di "Zapping" (ricordiamo quella per salvare la vita di Kobra, conclusasi felicemente), le autorità islamiche di Teheran hanno risposto che quella legge non era più in vigore da tempo. Ma, purtroppo, il regime non ha mai saputo rispettare la moratoria, decisa dai riformisti del presidente Khatami nel 2002. Le lapidazioni, nei confronti di donne, accusate di prostituzione e di adulterio, ci sono sempre state, soprattutto nelle provincie a nord di Teheran. Nel 2007, a sciogliere ogni dubbio, ci ha pensato il presidente Ahmadinejad, decidendo in tutto l'Iran la ripresa delle lapidazioni (le esecuzioni per capestro e per fucilazione non hanno mai subito rallentamenti).
Il caso di Sakineh ha assunto ormai un significato chiaramente politico, che esula dalla cronaca nera dopo l'entrata in campo di Carla Bruni, insieme a numerosi intellettuali, politici e donne e uomini dello spettacolo, non solo francesi ma di tutta l'Europa. Il brutale attacco del giornale "Khayan", il più importante quotidiano conservatore di Teheran (il direttore viene nominato direttamente da Khamenei) alla signora Sarkozy, conferma che il regime è in difficoltà. È consapevole che non può far eseguire la sentenza senza innescare altre reazioni a catena sul piano internazionale. E non potendo prendere decisioni al riguardo, prende tempo ma si vendica nei confronti della vittima, inscenando nella terribile prigione di Tabriz finte esecuzioni: autentiche torture psicologiche degne dei regimi nazisti e stalinisti.
Ora però, l'appello di numerosi uomini di governi europei (per l'Italia, i ministri Frattini e Carfagna) e del parlamento di Bruxelles, rappresenta la speranza che il regime possa rinviare l'esecuzione, sino ad annullarla definitivamente, come è avvenuto per Kobra Rahamanpour. La condizione fondamentale è però di non abbassare la guardia, di continuare con la mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale. Potremo farcela.

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