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Il racket tra colla nella serratura e botte: la paura dei commercianti

Le rivelazioni del pentito Giuseppe Di Maio raccontano come venivano organizzate le estorsione del quartiere di Santa Maria di Gesù a Palermo

PALERMO. Estorsioni, serrature "con l'attak" e se serviva qualche pestaggio. E per le "botte" erano sempre pronti anche dei collaboratori esterni. E' il racconto crudo di quello che prima era un soldato di Cosa Nostra, Giuseppe Di Maio, attuale collaboratore di giustizia, che attraverso i suoi "ricordi" ha fornito agli inquirenti come venivano organizzate le estorsioni a Santa Maria di Gesù. Un racconto dettagliato che fornisce anche una sorta di mappa del pizzo e i metodi "di convicimento" utilizzati da altri soldati come lui, che prendevano uno stipendio di 700 euro al mese.
Il clan era attivissimo nel quartiere, come testimonia una parte dei racconti di Di Maio: "Il proprietario di una tintoria in via Bergamo non voleva pagare. C'erano andati a parlare prima Francesco Guercio e Piero Plo, ma lui aveva detto che problemi non ne aveva con nessuno e non pagava nessuno. Dopo l'incendio è venuto a pagare. 500 euro. La somma l'andò a ritirare direttamente da Piero Pilo". Stesso modo di agire con il tabacchino di via Perez. "Non voleva pagare e gli avevano dato fuoco al self service delle sigarette. E poi ha pagato, mille euro, ha dato". Ulteriori approfondimenti nell'edizione cartacea del Giornale di Sicilia in edicola oggi 7 agosto 2010. 

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