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Industria, la Germania è il modello da seguire

Le novità che stanno agitando le acque del sindacato in Italia sono da parecchi anni le regole in Germania. Forse non a caso l’industria dell’auto tedesca non solo sta reggendo la crisi ma riesce anche a mantenere l’occupazione. Tutto comincia dalla Volkswagen presa spesso come modello per accordi sindacali innovativi. Dal 2006 il gruppo ha riportato la settimana lavorativa da 4 a 5 giorni. Ha aumentato l’orario a 35 ore settimanali dalle 28 introdotte nel ’94. Ha lasciato i salari pressoché invariati. Ha ridotto le pause di circa 5 minuti per ogni ora. Nel frattempo la fabbrica che respira (a seconda della variazione della domanda di auto) ha introdotto una flessibilità dell’orario mai conosciuta prima. In cambio i lavoratori che guadagnano in media fra 3.500 e 4.000 euro lordi al mese hanno ottenuto una garanzia di 100 mila posti di lavoro negli stabilimenti tedeschi fino al 2011. Le garanzie poi sono state prolungate fino al 2014 in cambio di un aumento della produttività del 10%. Questa riforma ha permesso alla Volkswagen di sorpassare il numero uno mondiale dell’auto che era la Toyota installandosi in testa alla classifica. In pratica il dibattito sia pure diverso lanciato in Italia dall’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne in Germania è partito almeno 5 anni fa. E l’accordo è considerato un momento storico per la Volkswagen. Perché i salari del contratto aziendale valido solo per il gruppo per la prima volta si erano adeguati al contratto nazionale dei metalmeccanici che prevedeva retribuzioni inferiori del 20% a quelli adottati da Volkswagen.
Ma anche altri grandi costruttori come Mercedes e Bmw e quasi tutti gli altri grandi gruppi industriali tedeschi hanno percorso strade analoghe fatte di tagli dei costi e delle pause, di aumenti della produttività e della flessibilità a pari di salario e in cambio di garanzie di posti di lavoro. È stata la risposta dell’industria tedesca alle difficoltà di quegli anni. Allora la Germania — chiamata perfino la malata d’Europa — si riprendeva dalla pesante recessione puntando con grandi ristrutturazioni a recuperare competitività e a salvare fabbriche dalla delocalizzazione verso altri paesi a basso costo del lavoro. Pur senza rinunciare a una internazionalizzazione forzata della tecnologia tedesca nei nuovi mercati promettenti dell’Europa dell’Est, in Asia e in Sudamerica, oltre a quelli tradizionali di Stati Uniti e Canada. Non a caso l’industria dell’auto tedesca è tornata ad essere la più forte e la più efficiente del mondo.

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