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Banche, a Palermo si va dall'incomprensione al confronto

Non accade spesso in Sicilia che ci si incontri attorno ad un tavolo con il solo fine di approfondire l'attualità dei problemi, azzardare magari qualche soluzione e per di più lontano dalle luci della ribalta. L'occasione si deve alla Kpmg, nota società multinazionale di consulenza, che ha presentato a Palermo uno studio sulle banche, chiamando attorno ad un «caminetto» (anche se il termine è climaticamente inopportuno) una selezionata e qualificata rappresentanza del credito e delle imprese. In una fase nella quale i morsi della crisi non risparmiano nessuno, nella quale spesso difettano le sedi di confronto e le stesse Istituzioni si connotano sempre più come autoreferenziali, iniziative come questa meritano una sottolineatura. La crisi che stiamo vivendo, a giudizio degli intervenuti, risulta ancora estesa, dalle implicazioni indefinite, generalizzata e senza un orizzonte temporale agevolmente definibile. Se, come era facile immaginare, le imprese sono boccheggianti, le banche sembrano invece gioire, almeno in termini di utili di bilancio. Si tratta tuttavia di una vittoria di Pirro, conquistata sul tavolo finanziario più che su quello dell'intermediazione classica, ed accompagnata da una crescita a dismisura dei crediti difficilmente esigibili. Al punto tale da mettere in discussione, come è emerso dal confronto tra i partecipanti, la stessa «leggibilità» dei bilanci bancari. Resta tuttavia la funzione centrale che l'operatore bancario è comunque chiamato ad interpretare: il sistema italiano infatti, a differenza di quello anglosassone, affida alle banche un ruolo assolutamente primario nella raccolta del risparmio e nel finanziamento delle imprese. Questo ruolo, per le tante incertezze di una crisi diffusa, oggi si configura quasi come un monopolio.
L'assenza di alternative carica però di responsabilità, anche improprie, le banche e sollecita un'altra riflessione. Il cordone ombelicale tra impresa e banca lega indissolubilmente le sorti dell'una a quelle dell'altra. Oggi più che mai la banca ha bisogno di imprese efficienti, come l'impresa ha bisogno di un mercato finanziario efficace. Il quadro grigio, come quello delineato, si carica di tinte fosche quando il baricentro dell'analisi si sposta all'ambito locale (= siciliano). La difficoltà degli apparati politico-istituzionali a movimentare il contesto ristagnante dell'economia siciliana, accentua le non poche criticità che travagliano l'intero Paese, fino ad ingenerare tra chi rappresenta le imprese locali una sfiducia così marcata da configurare persino una volontà di disimpegno dall'interlocuzione. Del resto il ritardo nella programmazione di spesa dei fondi comunitari, il connesso e reale rischio di disimpegno delle somme stanziate, l'approntamento di misure tampone a fronte del drammatico problema del precariato, l'assenza di alternative concrete ad un modello improduttivo, sembrerebbero lasciare pochissimi margini persino all'ottimismo di maniera.
Flussi consistenti - troppo consistenti - di spesa pubblica regionale alimentano una spesa corrente assistenzial-clientelare, sottraendo risorse ad impieghi produttivi ed alla creazione di posti di lavoro reali. Ne scaturisce una prospettiva tetra per tanti giovani siciliani, frustrati nelle loro aspettative dalla inesistenza di opportunità di lavoro. Persino la già sgradevole valvola di sfogo rappresentata dall'emigrazione verso altre regioni del nostro Paese, rischia di chiudersi, persistendo il «grande inganno» della formazione, almeno così come l'abbiamo «pensata» in Sicilia. E dire che proprio sui saperi si gioca la partita più importante in un mercato globale e competitivo, nel quale la sfida non può essere giocata sul tavolo della riduzione reale dei salari. La immancabile nota di speranza viene da un piccolo quanto rilevante segnale: banche ed industrie a Palermo stanno tentando di archiviare ataviche incomprensioni, aprendosi ad un confronto sulle carte (bilanci, controllo di gestione, trasparenza amministrativa) che, giovando alle banche, può aiutare le nostre imprese a crescere.

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