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Una soluzione chiamata auto elettrica

Una società cerca in Sicilia duemila aree libere per installarvi altrettante stazioni di rifornimento per automobili. Si tratta di stazioni molto particolari, dal momento che sono destinate a "rifornire" auto elettriche ed essere alimentate, a loro volta, da energia solare. Quella che fino ad ieri rappresentava soltanto una delle proposte di produzione alternative alla Fiat di Termini Imerese, è oggi un progetto in movimento. La società Cape Regione Siciliana ha infatti lanciato una sorta di "Opa", un'offerta pubblica di acquisto/locazione rivolta ai proprietari di terreni in Sicilia, aventi ovviamente caratteristiche idonee. Secondo il progetto della CAPE, la nascita di una fitta rete di stazioni di ricarica per auto elettriche dovrebbe accompagnarsi ad un nuovo impianto industriale per progettare e realizzare batterie elettriche per auto e ad nuovo impianto industriale per produrre invece le auto elettriche. Non si conoscono ufficialmente né il piano industriale né quello finanziario, ma in teoria potrebbe funzionare. E potrebbe funzionare anche bene, perché la Sicilia (chiamata comunque ad intervenire con un regime di aiuti) beneficerebbe della produzione locale di un bene con ottime prospettive di sviluppo (l'auto elettrica), avrebbe in casa la tecnologia e la produzione di un bene che potrebbe diventare strategico nel mondo (batterie per auto elettriche), avrebbe ancora in casa la tecnologia per le stazioni di rifornimento ad energia solare e sarebbe essa stessa beneficiaria di una rete di stazioni solari; quanto basta insomma per realizzare una nuova iniziativa industriale, con importanti ricadute occupazionali, in un comparto con ottime prospettive future e nel pieno rispetto dell'ambiente.
Sono iniziative come questa che danno corpo alla cosiddetta green economy. Tutto questo almeno in teoria. Ma lasciamo alle autorità competenti il vaglio tecnico della proposta di Cape Regione Siciliana e proviamo invece a guardare al quadro di riferimento e prospettico. Dopo una lunga fase di sterili contrapposizioni con la Fiat, della serie "da qui la fabbrica non si muove", le istituzioni siciliane hanno preso atto che un capitolo comunque si è chiuso. La Fiat ormai non è più la "fabbrica" italiana per eccellenza ed avendo pure fatto il gran gesto di rinunciare ai contributi pubblici di cui ha beneficiato per decenni, si trova nella posizione di interloquire senza condizionamenti. Nel suo futuro il mercato italiano è marginale. Le recenti vicende politiche del ministero titolare del problema di Termini, hanno rallentato l'iter. Oggi la Regione Siciliana potrebbe invece avere l'occasione per riprendere in mano i fili della situazione. Qualunque infatti sia l'evolversi della trattativa ministeriale, in presenza di un progetto definito, con obiettivi chiari e con un nome ed un cognome (peraltro quelli di una società partecipata dalla stessa Regione), le istituzioni locali potrebbero andare a vedere le carte in mano ai proponenti; magari subito. Anche perché non è scritto da nessuna parte che di iniziative industriali, alternative a Fiat, dobbiamo averne per forza solo una. La stessa CAPE è disposta ad insediarsi anche in una zona diversa da Termini. Sarebbe un bella mossa per una regione che in tutta questa vicenda ha sempre oscillato tra la contestazione e l'attendismo.
Mentre la Sicilia è in queste gramaglie, il resto del mondo corre. E' notizia di qualche giorno fa che sta per concludersi la gara internazionale che permetterà al comune di Parigi di acquistare tremila auto elettriche e cambiare così in maniera radicale il modello di trasporto urbano nella capitale francese. Già quattro milioni di abitanti della "grande Parigi" hanno espresso interesse ad utilizzare a pagamento le auto elettriche comunali per i loro spostamenti. Un progetto analogo è stato annunciato dal sindaco di Londra, mentre in Italia la Mercedes ha stretto un accordo con Enel per mettere in circolazione 100 auto elettriche tra Roma, Pisa e Milano. Lo stesso comune di Milano sta per installare 200 stazioni di ricarica ed altre 70 andranno a Brescia. Come sembra lontano tutto questo da una Sicilia alle prese con i rifiuti e con una rete di servizi pubblici costosissimi ed inefficienti. Chissà che una mano (invece del metano) possano darcela il sole e magari una classe dirigente capace di affrancarsi, almeno una volta, dalla monocultura del precariato.

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