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I comunisti salvano il potere di Angela Merkel

Angela Merkel l'ha scampata un'altra volta, e l'ha scampata bella. L'hanno salvata i comunisti. Fra un sondaggio e l'altro che rivelano la sua decrescente popolarità, una sconfitta in una elezione locale, i ministri da sostituire, le inquietudini degli alleati liberali, il confronto duro fra l'austerity tedesca che lei rappresenta e le perplessità degli altri Paesi europei e adesso anche dell'America, la Cancelliera ha rischiato di scivolare e rompersi, politicamente, almeno una gamba per colpa non sua ma di una stupida gaffe del presidente della Repubblica federale tedesca a proposito dell'Afghanistan, che lo ha costretto a dimettersi dopo appena un anno dalla riconferma. Si è dunque reso necessario sceglierne il successore e il compito è toccato, come sempre, alla Volksversammlung, l'assemblea che si costituisce ad uopo e comprende l'intero Bundestag e altrettanti membri eletti nei vari Laender (una specie di «Senato Federale» del tipo che Bossi vorrebbe si creasse anche da noi). Cdu e liberali disponevano In questa assemblea di una maggioranza apparentemente solida, ma minata dai malumo ricrescenti degli elettori che, rieletta da poco la Merkel,sembranoessersene pentiti. Giocando su questo l'opposizione «ufficiale », socialdemocratici e Verdi, aveva nominato un personaggio al di sopra delle parti capace di attrarre qualche consenso anche nelle fila del centrodestra. Joachim Gauck, ex pastore luterano, ex dissidente e perseguitato politico nella defunta Repubblica democratica tedesca, ultimamente autore della pubblicazione di gran parte delle carte più segrete della Stasi, la polizia segreta del regime comunista. Lo sospingeva il suo passato, la fama di uomo integerrimo e questo poteva forse bastare a bilanciare le sue debolezze riassumibili nell'età avanzata: 70 anni, venti di più di Christian Wulff, primo ministro della Bassa Sassonia e scelto dalla Merkel. Di qui le incertezze e le attese per un voto il cui esito sulla carta doveva essere scontato. La maggioranza assoluta nell'Assemblea era di 623 voti e il centrodestra ne disponeva di 644. Ma dal primo conteggio sono emersi gli attesi franchi tiratori, 44 al primo turno, 29 al secondo. A questo punto la «lezione» alla Merkel era stata impartita, obbligando il candidato della cancelliera ad affrontare un terzo turno, in cui bastava la maggioranza relativa ma che offriva l'occasione ai «dissidenti» democristiani e liberali di spingersi fino in fondo e «passare» Gauck, la cui forza si aggirava sui500voti, inclusi i franchi tiratori e che avrebbe potuto diventare maggioranza se avesse votato compatta per lui la Linke, l'estrema sinistra nata dalla fusione fra laminoranza scissionista del Partito socialdemocratico e i resti del Partito comunista dell'ex Est. Ai «rossi» toccava dunque decideree la Linke aveva già moltiplicato le occasioni di collaborazione o sostegno nei Laender e nelle amministrazioni locali. Ma a questo punto il jolly della Sinistra ha mostrato il suo lato debole. I comunisti sono stati chiamati a scegliere se cogliere o no l'occasione per infliggere uno scacco al centrodestra al potere; ma per questo avrebbero dovuto votare per un uomo di sinistra ma con impeccabili credenziali di anticomunismo. Sostenerlo appieno avrebbe significato un mea culpa, un'auto sconfessione totale. I dirigenti della Linke,a cominciare da Gregor Gysi, cresciuto nella «nomenklatura »di Berlino Est, hanno esitato, causato numerosi rinvii della votazione e alla fine non se la sono sentita. Hanno annunciato il ritiro del loro candidato di bandiera ma non hanno invitato i propri rappresentanti a votare per Gauck, limitandosi a lasciarli liberi di scegliere. Quasi tutti si sono astenuti, alcuni franchi tiratori del centrodestra hanno perso coraggio e alla fine Wulff è passato abbastanza comodamente. Gauck si è dovuto accontentare di una «vittoria morale» (se per il presidente della Repubblica avessero votato gli elettori avrebbe vinto nettamente),ma la Merkel, attraverso Wulff, ha «incassato» il premio materiale. Ha evitato un altro colpo che l'avrebbe indebolita ulteriormente. Si è «salvata in corner», ma non si parla più di elezioni anticipate per il Bundestag e neppure, per adesso, di crisi ministeriali. Non ha acquisito gloria né gioia ma ha salvato il potere e la capacità di far «contare» nei consessi internazionali la voce e gli interessi della Germania.   

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