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Stragi del '92, tre poliziotti indagati per calunnia

Sott'inchiesta alla procura nissena i dirigenti Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore Barbera. Facevano parte del gruppo speciale d'indagine sugli attentati a Falcone e Borsellino

CALTANISSETTA. Tre dirigenti di polizia Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore La Barbera, sono indagati per calunnia aggravata dalla procura nissena dell'ambito delle inchieste sulle stragi palermitane del '92 in cui furono uccisi Giovani Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e tre agenti della polizia di scorta, e Paolo Borsellino e 4 agenti della polizia di scorta tra cui una donna.  
I tre poliziotti facevano parte del gruppo speciale d'indagine "Falcone - Borsellino" che investigava solo sulle stragi di Capaci e via D'Amelio e che era diretto dall'ex capo della mobile poi questore di Palermo, Arnaldo La Barbera, morto per un male incurabile nel 2002.   
Ricciardi, che ora è questore a Novara, La Barbera, e Bo capo della squadra mobile di Trieste sono stati interrogati lunedì scorso in procura a Caltanissetta in gran segreto.    Il procuratore Sergio Lari e i sostituti Domenico Gozzo e Nicolò Marino hanno posto loro domande soprattutto sull'inizio della collaborazione e sulla gestione del pentito Vincenzo Scarantino, un piccolo spacciatore del quartiere Guadagna che ebbe un ruolo fondamentale per l'accusa nei processi per le stragi e che venne definito "uno degli esecutori della strage di via D'Amelio" dall'ex procuratore nisseno Giovanni Tinebra.   
Dopo le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza e di altri pentiti e i dietro front di Scarantino (che porteranno a processi di revisione per parecchi dei condannati) i magistrati stanno cercando di scoprire se, anche con l'influenza di personaggi dei servizi segreti, vi sia stata una regia per il depistaggio delle indagini sulle stragi.  Fin dai giorni successivi all'arresto (settembre '92) i familiari di Scarantino, soprattutto le donne, negarono subito un coinvolgimento del congiunto accusando Arnaldo La Barbera di averlo picchiato costringendolo a dire ''cose false" e inscenando proteste pubbliche: incatenandosi davanti il palazzo di giustizia di Palermo e sfilando in corteo con amici e parenti per le strade della Guadagna con cartelli tipo: "Innocente costretto a fare strage di innocenti".

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