Può darsi che una valanga di emendamenti scivoli sul decreto per la manovra che il governo ha formulato per fronteggiare la crisi globale e tenere in ordine i conti pubblici. I tagli, i sacrifici sono indicati nel provvedimento, ma l'opposizione carica il disegno governativo come un toro carica la «muleta», per istinto, per ossessiva pulsione, senza chiarire o specificare.
Ieri si è svolta a Roma la manifestazione indetta dal Partito democratico contro la manovra. Pierluigi Bersani, segretario del Pd, è stato il dominus dell'incontro al Palalottomatica di Roma, ma è un peccato che sostanzialmente non abbia detto nulla di utile al dibattito sulla crisi e sui provvedimenti che potrebbero contrastarla. Bersani ha attaccato più volte Silvio Berlusconi, ma oltre non è andato e gli italiani sanno che alla base della crisi mondiale, che ha origini strutturali e profonde, non è il Cavaliere, che ne avrebbe sicuramente fatto a meno.
Bersani ha anche rivelato il suo conservatorismo istintuale dicendo: «Se a Berlusconi non piace la Costituzione, vada a casa». Ma allora le costituzioni sono intoccabili e le riforme sono impossibili? È tempo di chiarezza, ma il maggiore partito d'opposizione stende un velo di mistero sulle sue intenzioni, forse perché ne ha poche e confuse.
In questo momento, mentre l'Europa e altri organismi internazionali premono perché non si scivoli sullla china della Grecia e dell'Ungheria, per non dire di altri Paesi, siamo tutti ansiosi di sapere dove, come e quanto bisogna tagliare, per evitare il tracollo delle finanze pubbliche e lo sfacelo sociale.
Il governo, e segnatamente il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, hanno un piano, una strategia, un disegno. Ma l'opposizione non ha nulla. O almeno non lo dice. Pierluigi Bersani ieri avrebbe dovuto spiegarci dove fare i tagli, con quali criteri, con quali priorità. Ma non lo ha fatto.
Una difesa a oltranza della scuola così com'è - e tutti sappiamo quant'è inadeguata - ma per il resto silenzio. Va bene, Silvio Berlusconi vada a casa e per il resto? Manteniamo l'apparato pubblico tal quale nei suoi costi e nei suoi privilegi? Manteniamo gli enti inutili perché capipartito come Bersani possano piazzare i propri funzionari? A tutte queste domande, ineludibili in un momento difficile come quello attuale, Pierluigi Bersani non ha risposto.
Per lui, come per altri dirigenti del Pd, non tutti in verità, l'importante è dire sempre «no» costi quel che costi. Ma è questo il ruolo dell'opposizione in una democrazia,che, di là delle frottole, garantisce libertà e possibilità d'espressione a tutti? Il Paese ha bisogno di un'opposizione agguerrita, puntuale e propositiva. Non può contentarsi di un'opposizione parolaia, demagogica e incomprensibile. L'antiberlusconismo può anche essere un riflesso umorale e viscerale, ma non può essere una linea politica. Né può essere una bussola per affrontare una congiuntura come quella attuale, caratterizzata da una crisi senza precedenti. Prima di fare i conti con i suoi avversari, Bersani faccia i conti con i suoi militanti. Mentre il Paese soffre e fa sacrifici, le proposte concrete, le indicazioni precise, l'invito a soluzioni possibili e accettabili sarebbero proferibili alle pur declamazioni propagandistiche. [email protected]
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