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L'allarme di Romeo: "Lavoratori in fuga dalla Sicilia"

L'arcivescovo di Palermo a un incontro organizzato dalla Caritas: "In 60 mila hanno lasciato l'Isola per trovare un'occupazione. La classe politica è inadeguata"

VALDERICE. Dal meridione "l'emigrazione verso il nord del paese è ripresa alla grande. Solo in Sicilia si parla di 60 mila persone che sono andate in altre città per cercare lavoro. Sono soprattutto giovani precari". E' la denuncia di monsignor Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, ad un incontro organizzato dalla Caritas italiana sull'immigrazione nel Mediterraneo. Il vescovo ha parlato di una situazione molto grave nelle regioni meridionali, "c'é un gap difficile da colmare e la nostra classe politica è inadeguata, anche per conseguenze del passato".  
Fra i nuovi migranti, monsignor Romeo dice che ci sono infermieri, medici, metalmeccanici che emigrano al nord perché non trovano un posto di lavoro e hanno vissuto anni e anni di precariato. "Noi li vediamo ogni giorno - ha precisato - vengono genitori che dicono mio figlio parte. Nelle nostre zone non c'é avvenire. Solo nell'area di Palermo, ad esempio ha chiuso la Fiat e l'Italtel. Ed è ovvio che chi si è specializzato in metalmeccanica difficilmente troverà alternative. La Fiat si arrende ma non perché costa cara la produzione ma perché non ci sono le infrastrutture e su questo siamo fermi da vent'anni". Sulle ferrovie, per esempio, "si sceglie lo sviluppo a livello nazionale ma in Sicilia siamo ancora al binario unico e se io faccio Roma-Milano in due ore e mezzo, da Palermo a Catania impiego cinque ore per un terzo del percorso".    
Per monsignor Romeo, "la Chiesa non può essere silente e neutrale". E, ha proseguito, "molte responsabilità le abbiamo anche noi siciliani, ed io che sono siciliano lo dico con sofferenza. Non possiamo ancora appesantire le amministrazioni pubbliche con oneri che non si traducono in efficienza. Mi chiedo come mai a fronte di un operatore ecologico in Lombardia ce ne sono cinque in Sicilia".

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